Sam Hallam errore giudiziario Gran Bretagna

Sam Hallam, uno dei più clamorosi errori giudiziari nella storia della Gran Bretagna

È uno dei più clamorosi e drammatici errori giudiziari nella storia del Regno Unito. E purtroppo non è l’unico, bensì il sintomo di qualcosa che non va nel modo in cui un paese citato ad esempio di civiltà amministra la giustizia. Sam Hallam, un ragazzo bianco della classe media, è stato condannato all’ergastolo nel 2005 per l’omicidio di un giovane nero. All’epoca dei fatti, l’imputato aveva 17 anni. Ieri una corte di appello ha capovolto la sentenza, riconoscendolo innocente e restituendogli la libertà dopo sette lunghi anni di prigione. Durante i quali suo padre, sconvolto dal dolore, si è tolto la vita.

Sam Hallam è uscito dal tribunale fra le braccia dei fratelli, della madre e degli amici. Lo hanno sommerso sotto una doccia di champagne. Lo hanno infilato in un’auto e lo hanno portato in un pub. Nessuno piangeva, almeno non in pubblico: forse avevano esaurito le lacrime. Sam si è sempre dichiarato innocente e la sua condanna ha suscitato dubbi fin dall’inizio, tanto che vari giornali, tra cui l’Independent, hanno appoggiato la campagna della sua famiglia per ottenere un giudizio di appello. “Non si può descrivere quello che sento”, dice Sam. “Ora voglio soltanto restare con i miei familiari e prendere ogni giorno come viene. Per sette anni ho conosciuto soltanto la cella di un carcere. Non posso credere che l’incubo sia finito e di essere finalmente libero”.

Hallam fu condannato per l’omicidio di Essayas Kassahun, un etiope di 21 anni che lavorava come cuoco a Londra, nei dintorni di Clerkenwell road, l’antico quartiere dei primi immigrati italiani. La vittima fu assalita da una gang di giovani che lo uccisero con una mazza da baseball chiodata. Ci furono otto arresti, due degli arrestati furono riconosciuti direttamente colpevoli del delitto e condannati all’ergastolo. Uno era Sam. Il quale ha sempre detto di non essere mai stato membro di una gang e di trovarsi quella sera a quasi un chilometro di distanza per una partita a pallone. Contro di lui non c’erano prove del Dna e nemmeno immagini televisive a circuito chiuso, solo le accuse di due testimoni che lo avevano identificato come complice dell’omicidio.

In seguito si è scoperto che i testimoni hanno cambiato la loro versione in tribunale e che il “Sam” a cui si riferiva uno dei due era un altro Sam, non Hallam. Inoltre la polizia non ha indagato a dovere sull’alibi di Hallam, non ha considerato come prova il suo telefonino (dove c’erano foto scattate da un’altra parte della città all’ora del delitto) e ha compiuto altri errori. Ora è emerso che uno degli agenti coinvolti nelle indagini è stato criticato anche per altre inchieste in cui le prove sono state manomesse o non giustamente esaminate. E si è saputo infine che l’accusa non aveva fornito ai legali di Hallam tutte le informazioni necessarie.

Insomma, un disastro, qualcosa che ci si aspetta che accada in luoghi meno civili e democratici dell’Inghilterra. Il peggio è che, come nota un editoriale dell’Independent, non si tratta di uno sbaglio isolato: su 500 processi rinviati in appello dal 1997 ad oggi a Londra, due terzi dei casi si sono conclusi con il capovolgimento della sentenza di primo grado o con una vistosa riduzione della pena, compresi più di 70 omicidi. “Purtroppo l’appello è arrivato tardi per nostro padre – dice il fratello di Sam Hallam – che non ha retto al dolore di avere un figlio innocente condannato all’ergastolo”.

 

(fonte: la Repubblica, 17 maggio 2012)

Per approfondire:

Articoli correlati