“Una vicenda che resta una pagina buia della giustizia italiana, ma anche della nostra informazione. Enzo Tortora pagò un prezzo altissimo a causa di un errore giudiziario ma seppe trarre forza per portare avanti la sua personale battaglia per la difesa delle regole, delle norme e dei criteri di valutazione propri del principio di giustizia”. Così Ricky Tognazzi parla, in una conversazione con l’Ansa, della fiction di Rai uno “Dove eravamo rimasti?” di cui è protagonista e regista (nella foto, la scena dell’arresto), tra le più attese della prossima stagione della rete ammiraglia del servizio pubblico. Nel cast anche Bianca Guaccero, Carlotta Natoli, Thomas Trabacchi, Tony Sperandeo, Mariano Rigillo, Enzo Decaro, per una produzione Rai Fiction – IIF.
“In questi giorni siamo in fase di montaggio”, racconta. “E’ un progetto che ho fortemente voluto, perché ritengo che Tortora sia stato un grande uomo a cui dedicare il nostro tributo. I giovani non conoscono la sua vicenda, non se ne parla a scuola, e quasi mai in tv. Basti pensare che quando ho spiegato a uno dei miei nipoti e ai suoi compagni che stavo preparando un film su Tortora, mi hanno chiesto: chi? Max, quello dei Cesaroni…”.
La miniserie, tratta dal libro “Applausi e sputi”, le due vite di Enzo Tortora, di Vittorio Pezzuto (con sceneggiatura scritta dallo stesso Tognazzi e dalla moglie Simona Izzo), racconterà l’ascesa e la caduta di colui che insieme a Mike Bongiorno, Pippo Baudo e Corrado “potremmo definire uno dei padri indiscussi della tv italiana”.
Il 17 giugno 1983 alle 4.15 del mattino, Enzo Tortora, l’uomo che tantissimi italiani ospitavano ogni venerdì a casa propria grazie al programma di successo “Portobello”, fu svegliato, perquisito, arrestato e trasferito al carcere di Regina Coeli con l’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico. L’istantanea del suo arresto, manette ai polsi, sguardo frastornato, fu volutamente un atto scenografico. “E’ diventato l’emblema di una giustizia ingiusta”, insiste Tognazzi. Condannato a dieci anni di reclusione in primo grado e infine, 25 anni fa, assolto con formula piena, in un lampo Tortora perse tutto: fama, libertà e l’affetto della gente. Provato fisicamente e ferito nell’anima dalle accuse, fu grazie all’affetto della sorella Anna e delle figlie Silvia e Gaia, all’amore della compagna Francesca e all’amicizia dei compagni di cella che Enzo trovò la forza necessaria per lottare conto l’ingiustizia.
La fiction comincia dall’ultima puntata di “Portobello” e racconta la ragnatela ordita dai pentiti della camorra, che accusarono il conduttore per beneficiare degli sconti di pena. “Gli inquirenti caddero in una trappola – continua Tognazzi -, arrestarono un innocente. E’ la storia di un uomo baciato dal successo che, improvvisamente, precipita nell’inferno dell’infamia, un uomo che non fugge dai processi, che rinuncia a molti privilegi. L’affermazione del giusto processo, la certezza del diritto, la responsabilità civile dei magistrati furono al centro del suo impegno politico e civile. Un impegno a cui Enzo rinunciò con coraggio e grandissima dignità dimettendosi da europarlamentare e affrontando il processo da privato cittadino”.
Tognazzi fa notare: “Sono cresciuto con le trasmissioni di Tortora, ho letto tutto quello che c’era da leggere su di lui. Allora si muovevano i primi passi nel pentitismo e gli inquirenti sono caduti in una trappola, arrestando un innocente e commettendo un errore giudiziario clamoroso”. Nel 1999, il regista Maurizio Zaccaro, con il soggetto di Silvia Tortora, figlia di Enzo, diresse il film “Un uomo perbene”, con Michele Placido nel ruolo del popolare conduttore. “Abbiamo rispettato i dubbi delle figlie di Tortora rimettendo mano alla prima stesura. Non erano d’accordo su questa fiction. Io rispetto la loro decisione, capisco le perplessità. Aveva scritto loro anche una lettera pubblica. Ma ritengo sia una storia pubblica che vada raccontata”, conclude il regista
(fonte: Nicoletta Tamberlich, Ansa, 4 luglio 2012)