"Voglio i 63 mila euro che mi spettano per ingiusta detenzione"

Nove mesi di carcere preventivo a San Vittore per una vicenda di droga, l’assoluzione per insufficienza di prove e poi a marzo il riconoscimento da parte dello Stato, di un risarcimento di 63 mila euro. Scattati da poco i termini da quando dovrebbe avere i soldi, ma lui li reclama subito, perché non ha né casa né lavoro. E per sollecitare lo Stato, sale su un albero in Piazza D’Armi: «Lo Stato italiano mi deve 63 mila euro».

 

Su quell’albero Petrit Dedgjonaj, albanese di 37 anni si è arrampicato ieri mattina, e ci è rimasto per ore, fino al tardo pomeriggio, quando è stato convinto a scendere, dal suo avvocato, dopo numerosi tentativi. Ma fra un paio di lunedì potrebbe mettere nuovamente in atto la sua protesta, se non avrà ciò che chiede.

 

Lo scorso marzo si è visto riconoscere un risarcimento da 63 mila euro per ingiusta detenzione: una somma ingente, dopo essere stato coinvolto in un’inchiesta per spaccio di stupefacenti, ed avere perso casa e lavoro. Per questo Petrit chiede che i soldi gli siano dati subito, per poter provvedere ai suoi bisogni primari e ricominciare a vivere una vita dignitosa: così spiega il suo gesto clamoroso di salire per protesta su un albero della centralissima piazza di Carrara, sua città di “adozione”.

 

Una storia, quella di Petrit, lunga e complessa: arrivato in Italia dall’Albania nel 2006 con un regolare permesso di soggiorno, l’uomo inizia subito a lavorare come muratore nell’edilizia, con contratto a tempo indeterminato per un’azienda sarzanese e si sistema con alcuni connazionali in un’abitazione a Sarzana. I problemi iniziano subito dopo: i suoi coinquilini, sospettati di spaccio, vengono intercettati dalla polizia e di lì a poco arrestati. Tra le registrazioni telefoniche, compare anche la voce di Petrit che finisce anche lui in carcere assieme ai connazionali, perdendo immediatamente il lavoro: l’uomo resta per nove mesi nel penitenziario di San Vittore, con un ordine di carcerazione preventiva. Nel 2008 arriva la sentenza di assoluzione, per insufficienza di prove e Petrit torna in libertà, senza però avere più una casa e un lavoro.

 

Forte della sua assoluzione e sicuro di aver subito una pena ingiusta, l’uomo si affida all’avvocato carrarese Sara Rocca e parte l’iter per chiedere allo Stato il risarcimento per ingiusta detenzione: alla fine la corte di Appello di Milano dà ragione all’uomo, riconoscendogli il diritto a 63mila euro di rimborso per i giorni scontati in cella. E’ il marzo di quest’anno e la vita di Petrit sembra arrivata a una svolta: è ancora disoccupato e senza fissa dimora, viene ospitato da amici ma con la sentenza del tribunale milanese in mano, è sicuro di potercela fare. I suoi guai però non sono finiti: un errore nella trascrizione dei suoi dati anagrafici provoca un ritardo nella pratica di risarcimento, complicata anche dal fatto che, nel frattempo, il permesso di soggiorno gli è scaduto. Il suo avvocato si adopera per chiederne il rinnovo e per aprire un conto corrente in Albania, dove lo Stato italiano potrebbe versare il denaro.«Sono soldi miei, senza quelli non so dove andare a dormire stasera», ha gridato Petrit ieri mattina all’arrivo di carabinieri e vigili del fuoco in piazza d’Armi.

 

«Abbiamo vinto la causa, ora non c’è altro da fare che aspettare», ha spiegato l’avvocato Sara Rocca, mentre cercava di convincerlo a scendere dall’albero: alla fine ci è riuscita dopo ore. Lui intende aspettare una decina di giorni, poi, se non sarà soddisfatto, potrebbe tornare sull’albero. I 180 giorni che devono trascorrere tra la sentenza e l’attivazione del risarcimento sono scaduti questa settimana, per cui i 63mila euro potrebbero arrivare da un giorno all’altro; ma in casi analoghi ci sono voluti 2 o 3 anni.

 

(fonte: Cinzia Chiappini, Il Tirreno, 28 luglio 2012)