Siamo nel giugno del 1996, mi telefona il vicepresidente del Consiglio regionale, Rocco Fusco, e mi chiede di raggiungerlo per parlarmi di Varricchio, titolare di un consorzio emiliano a cui le FS avevano affidato la costruzione della tratta Roma – Napoli della Tav.
Questi, dichiarandosi non conoscitore della realtà imprenditoriale napoletana e dovendo, per legge, affidare i lavori per almeno il 40% ad imprese locali, chiedeva a Fusco di segnalargliene alcune per rapportarsi con le forze politiche locali e essere coadiuvato nelle necessità burocratiche cui sarebbe andato incontro.
Fusco avrebbe contattato gli esponenti politici locali, i quali trasmettevano a me i curriculum da trasferire a tale geometra Del Vecchio, collaboratore di Varricchio.
Mi recai a Roma e Del Vecchio esordì dicendo: “Voi della politica avete chiesto il 3% e così anche i camorristi!”. Lasciando Roma e tornando a Napoli, dalla mia auto chiamai Fusco al quale raccontai del colloquio ed a cui dissi testualmente: “Ma questi sono pazzi? Rocco o chiarisci con Varricchio o laviamoci le mani!”.
Il 25 settembre 1996, avevo appuntamento con il geometra Del Vecchio alle 11:00 del mattino dinanzi all’hotel Terminus, qui mi avvicinarono due uomini che mi identificarono e mi chiesero di seguirli in macchina qualificandosi come carabinieri del Ros; mi condussero nella caserma di Mergellina mi consegnarono un decreto di fermo della Procura di Napoli con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica.
Da lì fui trasportato nel carcere di Poggioreale, dove restai in isolamento per diversi giorni. Il 14 ottobre il Tribunale del Riesame annullava la custodia cautelare, tornai a casa. Il 17 ottobre fui riportato a Poggioreale e il 6 novembre il Riesame annullava l’arresto per carenza della gravità indiziaria.
La Procura propose ricorso alla Corte Suprema di Cassazione che annullava l’ordinanza di scarcerazione con rinvio ad altro Tribunale della Libertà per nuovo esame e questi, ritenendo la sussistenza dei gravi indizi, ripristinò, l’arresto e la detenzione in carcere. Il 4 luglio del ’97, terza volta a Poggioreale!
Il 31 agosto venni trasferito al penitenziario di Secondigliano. Il 21 ottobre il Tribunale di Nola, mi concessi i domiciliari, per motivi di salute.
Il 4 dicembre la Suprema Corte di Cassazione annullò l’ordine di arresto per mancanza di gravi indizi e per la illegittimità del terzo arresto.
Assolto con formula piena perché il fatto non sussiste. Sentenza già passata in giudicato.
Chi ha pagato per gli orrori di giudici alla ricerca di promozioni e non della verità?
Pietro Funaro
(dirigente Arpa Campania, giornalista e autore di Mala Iustitia)