Imputato e poi assolto: la Cassazione non riconosce il risarcimento dei danni

Con la sentenza n. 11251/2008, la III Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che non ha diritto al risarcimento dei danni il cittadino che è stato ingiustamente imputato e poi assolto.I Giudici della Cassazione hanno infatti stabilito che “in tema di danni provocati dall’attività giudiziaria, l’ordinamento vigente prevede la riparazione del danno, patrimoniale e non patrimoniale, patito per: a) custodia cautelare ingiusta (art. 314 c.p.p.); b) irragionevole durata del processo (legge 24.3.2001 n. 89, c.d. legge Pinto); c) condanna ingiusta accertata in sede di revisione, ovverosia errore giudiziario (art. 643 c.p.p.)”. Questi hanno continuato sostenendo che “non prevede invece alcun indennizzo per una imputazione ingiusta, cioè per una imputazione rivelatasi infondata a seguito di sentenza di assoluzione. Così come ovviamente non consente di duplicare, in sedi processuali diverse, la riparazione dello stesso danno”. Ecco, dunque, un punto su cui il legislatore dovrebbe intervenire. Il tema è delicato e purtroppo viene sollevato solo quando ad andarci di mezzo è la famosa casta: anche i giudici e i magistrati devono essere sottoposti a misure volte a chiarire eventuali responsabilità di fronte a fatti commessi con colpa grave o addirittura dolo.