Il maestro assolto e risarcito: «Non violentò due alunni»

L’ insonnia, retaggio della vigile allerta che di notte in cella lo teneva a occhi spalancati nel terrore di essere aggredito dagli altri detenuti, non gli è più passata: mai più da quando finì a San Vittore nel 2002, lui rispettabile maestro elementare di una scuola del centro di Milano, schiacciato dall’ accusa di aver violentato due alunni di 8 anni nei bagni dei bambini durante l’ orario scolastico.

Due mesi in carcere, altri sei agli arresti domiciliari rigidissimi, psicoterapia di sostegno una volta tornato libero, subito la sospensione dal lavoro in via disciplinare, poi 3 anni sulla graticola in attesa della sentenza di primo grado e 7 per approdare a quella d’ Appello: assolto, entrambe le volte, «perché il fatto non sussiste». Ed ora lo Stato con una mano, quella dei magistrati competenti sui casi di «ingiusta detenzione», lo indennizza con 58mila euro di «equa riparazione» e 100mila euro di «danni morali» per i 247 giorni agli arresti (in carcere dal 25 giugno al 12 agosto 2002, e poi ai domiciliari fino al 26 febbraio 2003); ma con l’ altra mano l’ Avvocatura dello Stato ha il coraggio di impugnare il risarcimento, sostenendo siano troppi soldi.

Laureato in Lettere e Filosofia, apprezzato insegnante da 25 dei suoi 56 anni, dichiaratamente omosessuale, nello specchio rovesciato dell’ arresto il 25 giugno 2002 si ritrova descritto dall’ ordinanza di custodia cautelare come un soggetto «sessualmente deviato» che dietro una «maschera di persona perbene» adotta comportamenti «da mostro».

Contro di lui c’ è un quadro indiziario rappresentato quasi esclusivamente dalle ripetute dichiarazioni dei bambini: nessun riscontro clinico, niente di utile dalle perquisizioni, nulla nel computer. A San Vittore, dove finisce nel sesto raggio, il maestro deve essere guardato 24 ore su 24 per tutelarne l’ incolumità fisica in un ambiente che a causa del tipo di accuse lo espone alle leggi non scritte del carcere.

Solo il 9 novembre 2005 in Tribunale i difensori Tiziana Bellani e Giampaolo Del Sasso, dopo 40 testimoni e 4 consulenti in 36 udienze, vedono tre donne giudici (Conforti-Introini-Crosti) accogliere le proprie tesi che smontano l’ accusa come suggestione autoalimentatasi fra i due bambini e rafforzata in buona fede dagli input di alcune madri, nonché dal meno limpido racconto di uno “zio” rivelatosi in realtà non vero zio. Poi però il maestro finisce nel limbo procedural-tempistico della legge Pecorella di inappellabilità delle decisioni di primo grado, bocciata infine dalla Corte Costituzionale, e soltanto il 14 gennaio 2009 affronta il processo d’ Appello, nel quale la prima sezione (presidente Pallini) ne conferma la piena assoluzione.

Quei 247 giorni di ingiusta detenzione (tra carcere e domiciliari) valgono, stando alle usuali quantificazioni di legge, circa 58.000 euro. Ma ora la quinta Corte d’ Appello milanese va oltre e riconosce al maestro altri 100.000 euro per «danni morali a riparazione» non solo della «privazione della libertà personale» ma anche della «perdita di lavoro», della «compromissione delle condizioni di salute» e della «perdita di rispettabilità e considerazione»; nonché della «sofferenza morale per l’ ingiustizia subìta e il discredito sociale» propagato anche da un quotidiano che di fatto consentì l’ identificazione dell’ uomo.

Una «compromissione che nonostante la piena assoluzione – prevedono amari il presidente Pietro Carfagna e i giudici Francesca Vitale e Antonio Nova -, stante la natura dei reati di cui era accusato l’ insegnante elementare, continuerà a produrre i suoi effetti nel tempo».

La scheda:

25 giugno 2002 Il maestro di una scuola elementare nel centro di Milano viene arrestato con l’ accusa di aver violentato due alunni di 8 anni nei bagni durante l’ orario scolastico

9 novembre 2005 Il maestro viene assolto con la formula piena «perché il fatto non sussiste» in primo grado, sentenza confermata il 14 gennaio 2009 in Appello

Luglio 2010 Ora il maestro ha ottenuto, come «equa riparazione» per 247 giorni di arresti, un indennizzo di 158.000

(fonte: Luigi Ferrarella, Corriere della Sera , 28 luglio 2010)