Ha sconvolto il pubblico e la critica degli Stati Uniti. E anche se la realtà italiana è sicuramente molto diversa da quella americana, il tema che affronta deve far riflettere. Parliamo di “Crime + Punishment”, un documentario investigativo che rivela la pratica delle “quote minime di arresti” imposte ai poliziotti del Dipartimento di New York e di cui le minoranze etniche della città sono le principali vittime. I superiori impongono agli agenti del più famoso e potente dipartimento di polizia Usa di raggiungere un numero predeterminato di arresti durante l’anno. E molti di loro sono costretti ad adeguarsi, per non subire sanzioni disciplinari o, peggio, vessazioni di ogni tipo. E se non fosse solo un problema americano? E se queste forzature assurde accadessero anche da noi?
L’opera (diretta da Steve Maing e prodotta dalla vincitrice dell’Oscar Laura Poitras) ha già vinto il premio speciale della giuria per l’importanza sociale del tema affrontato al Sundance Film Festival, più il Grand Jury Prize all’Indipendent Film Festival di Boston. Descrive la storia di dodici poliziotti (in prevalenza latinoamericani e afroamericani) che decidono di mettersi in gioco e rischiare tutto, la sicurezza personale e la carriera, per denunciare le azioni scorrette e di discriminazione razziale che vengono loro prescritte dal Dipartimento di New York.
“I 12”, come vengono subito definiti, oltre a intentare una class action, si rifiutano di arrestare sotto falsa accusa i propri concittadini per raggiungere le quote richieste dai loro superiori e ottenere una valutazione positiva delle proprie prestazioni lavorative. Saranno presi di mira, isolati e umiliati dai propri compagni di lavoro, rimanendo però moralmente impegnati nella lotta contro questa pratica discriminatoria.
Il docufilm Crime + Punishment ha richiesto ben quattro anni di lavoro. Il 16 settembre è stato proiettato in anteprima italiana, al Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo di Milano.