La Corte di Cassazione, della Quarta Sezione Penale, con due sentenze dell’11 marzo 2010 (nn. 9978 e 9986), ha individuato i criteri che il giudice deve applicare per liquidare la “ingiusta detenzione” . L’autorità giudiziaria deve valutare il comportamento del detenuto prima dell’arresto, durante le fasi dell’indagine e poi del processo. I Giudici di legittimità, nella sentenza n. 9978/2010, riguardante l’inchiesta per l’omicidio e l’occultamento di cadavere di una giovane, hanno accolto con rinvio il ricorso dell’Avvocatura dello Stato per l’eccessivo risarcimento (pari a 160mila euro per 17 mesi di carcere) al presunto autore poi assolto. In particolare la Suprema Corte ha precisato che il giudice deve verificare se chi ha subito il carcere ingiusto “vi ha dato causa, ovvero vi abbia concorso, con dolo o colpa grave”.
L’accertamento da parte del giudice deve essere svolto non “rapportandosi ai canoni di giudizio del processo penale” ma attraverso una valutazione precisa e studiata a fondo anche sui comportamenti processuali dell’imputato, e quindi su fatti estranei all’imputazione. Secondo gli Ermellini l’indagato incorre in quel tipo di colpa che giustifica il taglio dell’indennizzo solo se la sua difesa è “contraddittoria” e condotta con ”rilevante imprudenza o grossolana incuria (…) tale da suscitare o accentuare il sospetto di una sua partecipazione al delitto”.
I Giudici di legittimità, nella vicenda esaminata, hanno infatti rilevato che “gli stessi giudici hanno del tutto trascurato una complessiva valutazione della condotta processuale del B. caratterizzata, non solo dal richiamato contrasto tra le dichiarazioni dallo stesso rese, ma anche dal mendacio, avendo egli negato di avere mai conosciuto la vittima, dalla prospettazione di un alibi falso e dalla induzione di un testea rendere dichiarazioni conformi alle sue. Tali comportamenti non sono stati per nulla esaminati dal giudice della riparazione che avrebbe, viceversa, dovuto approfondirli al fine di accertare se essi avessero potuto assumere il rilievo della colpa grave o del dolo, ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione, per avere con tale condotta in qualche modo contribuito il B. sia pure in concorso con l’errore degli inquirenti, a prospettare un quadro indiziario significativo ai fini dell’adozione o del mantenimento del provvedimento custodiale”.
Nella sentenza n. 9986/2010 la Suprema Corte di Cassazione ha, invece, confermato la pronuncia dei Giudici d’appello di Torino di esclusione dell’indennizzo a favore di un presunto sostenitore del terrorismo islamico, arrestato e poi assolto dopo 105 giorni di custodia cautelare. La Corte di Appello aveva rilevato che in possesso dell’uomo indagato – un nordafricano – erano stati trovati materiale propagandistico a favore di Bin Laden, videocassette di addestramento terroristico, piantine di potenziale obiettivi in Svizzera e anche un coltello di 33 centimetri, oltre a materiale scaricato da Internet riguardante gruppi di eversione internazionale.
Secondo i giudici di Cassazione la valutazione nel merito, in questa vicenda, è stata svolta in modo corretto dai Giudici delle indagini preliminari che avevano ritenuto sussistere indizi di colpevolezza (…) non essendo emerso alcun interesse lecito da parte del ricorrente alla detenzione del citato materiale.
(Fonte: Professionistiitalia.it)
Ultimo aggiornamento 16 marzo 2010