Via Poma, parla Raniero Busco: “Ora il mio calvario è finito per sempre”

Raniero Busco, a lungo accusato di aver ucciso Simonetta Cesaroni

L’incubo è finito. Per sempre. Ora nessuno lo potrà più accusare di quell’orribile delitto. Anche se gli ultimi sette anni, da quando è stato incriminato, per Raniero Busco e la sua famiglia sono stati un vero inferno, adesso il meccanico di Morena può dormire tranquillo. E continuare la sua vita, spezzata dal lungo calvario giudiziario.

 

Signor Busco, ora che tutto è finito, come si sente?

«Sto bene. Però, da quando il 26 febrbaio la Cassazione ha respinto i ricorsi contro la mia assoluzione, ho pensato che ci avessero dimenticati e ho cercato di farmi scivolare tutto quello che era successo addosso, anche se non è facile. Le persone ci fermano per strada, ci dicono che hanno pregato per noi. E questa è anche una bella soddisfazione, che stempera la rabbia per quello che ci hanno fatto».

 

Chi le ha detto che erano state depositate le motivazioni della Cassazione?

«Mia moglie Roberta. Io ho fatto il turno di mattina a Fiumicino, sono tornato alle quattro di pomeriggio e lei mi ha dato la notizia».

 

Che cosa pensa dei suoi accusatori che, dopo l’assoluzione in appello, sono ricorsi alla Suprema Corte?

«Secondo me, la Cassazione non poteva discostarsi troppo dalla sentenza di secondo grado che mi ha assolto. Ma loro sono andati avanti lo stesso. E adesso neanche una telefonata, nessuno che mi abbia chiesto scusa per quello che ho passato».

 

Un incubo infinito…

«Un incubo durato sette anni. E il fatto di aver voluto collaborare con la Giustizia si è ritorto contro di me. “Ci servono le sue dichiarazioni spontanee”, mi disse il pm nel 2004. Poi mi fecero bere un caffè, tenendo da parte la tazzina. Io volevo dare una mano, invece nel 2007 mi hanno indagato per l’omicidio di Simonetta. Sono andato da loro tante volte, tante…ho ripetuto sempre le stesse cose. E loro non mi hanno creduto. Uno che ha la coscienza pulita come me pensa che, se dice la vertià, gli crederanno. Invece tutto quello che ho detto è stato usato contro di me».

 

La Cassazione ribadisce che Carella Prada, il medico legale che esaminò il cadavere di Simonetta, non aveva affermato con certezza che quello sul seno sinistro della vittima fosse il segno di un morso. Invece l’accusa ha sostenuto che lo era.

«Sono cose dette e ridette dai miei avvocati e dai periti. Ma nessuno ci ha ascoltato. Condannare qualcuno in base a semplici ipotesi e congetture è assurdo. Invece lo hanno fatto. La legge dice che la colpevolezza di un imputato deve essere accertata al di là di ogni ragionevole dubbio. Qui di dubbi non ce n’era uno solo. Ce n’erano miliardi. Ma loro sono andati dritti per la loro strada. È questo che ti fa male, ti annulla. È un paradosso: non sono loro che devono dimostrare che sei colpevole, ma tu devi dimostrare di essere innocente. E a distanza di vent’anni».

 

Ma lei ha mai morso in quel modo la sua ex fidanzata?

«Mai dato un morso a nessuno, tantomeno a Simonetta».

 

Che ne pensa del sangue di gruppo A, quindi diverso dal suo e da quello di Simonetta, trovato in via Poma?

«Doveva essere il primo elemento a mio discarico: lui è di un altro gruppo, avrebbero dovuto dire. Invece…».

 

Si è fatto un’idea sull’assassino?

«Non sono un poliziotto o un magistrato, però penso che ci ha fatto una cosa del genere doveva sapersi muovere in quell’ambiente, era un “territoriale”, come si dice».

 

Lo troveranno mai?

«Secondo me no. È passato troppo tempo e sono stati fatti errori grossolani. E poi potrebbe anche essere morto…».

 

Ha detto ai suoi due figli che cosa è successo in questi anni, gli ha parlato?

«I gemellini guardano la televisione e capiscono. Ma non mi hanno detto niente. Il giorno della mia assoluzione, che era anche quello del loro compleanno, mi sono stati vicini e mi hanno dato tutto il loro affetto. Ma sono ancora piccoli. Quando cresceranno, gli spiegheremo bene tutto…».

 

(fonte: Maurizio Gallo, Il Tempo, 25 settembre 204)