E se Monica Busetto fosse innocente?

La Cassazione ha annullato l’ergastolo comminato in secondo grado a Monica Busetto, l’operatrice socio-sanitaria condannata per l’omicidio di una signora anziana ritrovata morta nella sua abitazione a Mestre (Venezia), nel dicembre del 2012. La Suprema Corte ha stabilito che sarà necessario un nuovo processo davanti alla Corte d’Assise d’appello di Venezia, che dovrà però essere di composizione completamente diversa rispetto a quella precedente.

Si riapre così un caso che aveva già sollevato diverse perplessità, per quanto riguarda il modo in cui si era arrivati alla condanna di Monica Busetto. Nei giorni scorsi avevamo ricevuto una lettera aperta molto circostanziata da un nostro lettore, che cercava di attirare l’attenzione sui diversi aspetti che lasciano pensare a un’innocenza della donna. Si tratta di un ragionamento molto interessante, fondato non su semplici sensazioni, ma su elementi molto concreti. Ve li sottoponiamo così come ci sono stati riportati dall’autore. Senza alcun intento di polemica, ma solo di ragionamento, confronto e discussione su uno dei casi recenti più controversi.

Monica Busetto
Monica Busetto.

“La ragione per cui vi stiamo contattando è difficile da qualificare, ma credo si tratti, in buona sostanza, di dovere civico. Essendo originari della zona, ci ha molto colpito la condanna all’ergastolo, in appello, di Monica Busetto. Tanto la fase investigativa come quella processuale del caso in questione presentano numerosi punti oscuri. Per esigenze di sintesi ci soffermiamo esclusivamente sul nodo della prova DNA.

Vorremmo infatti richiamare la vostra attenzione sul fatto che la condanna all’ergastolo si basa su un’analisi del DNA effettuata con una tecnica (Low Copy Number con amplificazione) estremamente esposta al rischio di contaminazione. In alcuni paesi occidentali, in presenza di materiale genetico scarso, tale analisi non viene considerata sufficientemente rigorosa dalle corti di giustizia. Ciò per il semplice fatto che risulta impossibile, anche con quantità di materiale genetico decisamente superiori a quelle utilizzate nel caso della signora Busetto, escludere possibili contaminazioni.

Detto in altre parole: non tutti i test del DNA sono uguali. Ci sono quelli affidabili, basati su abbondanti quantità di materiale genetico, ripetibili e verificabili, e poi ci sono quelli che utilizzano il Low Copy Number (o Low Copy Template). Questi ultimi amplificano quantità molto piccole di materiale genetico, ma così facendo:

  1. lasciano molto margine al tecnico di laboratorio circa l’identificazione e la coincidenza con il DNA dei soggetti coinvolti;
  2. sono estremamente vulnerabili a possibili contaminazioni per il banalissimo fatto che quantità molto piccole di DNA possono trasferirsi facilmente per via aerea, ad esempio a partire da altri reperti presenti nel laboratorio dove si svolge l’analisi o al momento della raccolta sulle scene interessate dal delitto investigato.

Si noti il dettaglio: qui non stiamo parlando del DNA di Monica Busetto sulla scena del delitto. Stiamo parlando di 3 picogrammi (1 picogrammo = 1 grammo x 10 elevato alla -12; la tipica cellula umana ha una massa ben superiore) di materiale genetico della vittima. Che per giunta è stato trovato:

  1. al terzo tentativo d’analisi;
  2. in un secondo laboratorio;
  3. mesi più tardi;
  4. su un pezzo di una catenina conservata nel portagioie della signora Monica Busetto che secondo l’accusa sarebbe stata rubata alla vittima e conservata (!?), nonostante un’altra persona, rea confessa dello stesso omicidio, abbia più volte dichiarato di averla lei stessa sottratta e posteriormente gettato in un cassonetto con altri ori sottratti alla vittima.
  5. Come se non bastasse, il pezzo di catenina è stato spedito al secondo laboratorio nello stesso plico in cui si trovavano anche altri reperti, pregni di materiale biologio della vittima, esponendolo così ad un rischio altissimo di contaminazione.

Ora, un recente articolo pubblicato sulla rivista Diritto Penale Contemporaneo, a firma di tre accademici (uno dei quali ha prodotto – pro bono, quindi senza percepire alcuna remunerazione – una relazione scritta che è stata inclusa nel ricorso in Cassazione) sembra evidenziare numerose incongruenze relative alla prova regina dell’accusa:

  1. Ci sono due test del DNA. Quello del primo laboratorio, che utilizza un test più affidabile per rilevare la presenza di materiale genetico, scagiona Monica Busetto. Quello del secondo laboratorio trova una quantità di materiale genético quantità infinitesimale, che fa pensare ad una contaminazione.
  2. Il secondo laboratorio non dispone di certificazione che possa escludere la possibilità di contaminazioni tra i reperti analizzati.
  3. Tutti i reperti (sia quelli con materiale genetico della vittima, così come quelli sui quali l’assenza di materiale genetico della vittima permetterebbe di scagionare l’accusata) sono stati inviati al secondo laboratorio in buste separate, ma nello stesso plico.
  4. La secuenza oraria delle operazioni di documentazione e campionamento del secondo laboratorio è incongruente o rimaneggiata.
  5. Il secondo laboratorio effettua due prelievi sulla collanina. L’analisi del primo prelievo evidenzia la quantità infinitesimale di DNA di cui si è detto, quello del secondo prelievo non evidenzia DNA.
  6. Il secondo laboratorio non effettua alcun analisi volto a determinare la provenienza del DNA (epiteliale, sangue, etc.)
  7. Il secondo laboratorio non si attiene alle linee-guida europee in materia di valutazione dei risultati forensi in relazione a ‘quantità di materiali scarse’ (ovvero quando una contaminazione è possibile).

In sostanza, la relazione conclude che la prova del DNA in base alla quale è stata emessa una sentenza di condanna, non premette di escludere una contaminazione tra i reperti. Senza questa prova, Monica Busetto sarebbe ora a casa. Invece è in carcere. Le hanno dato l’ergastolo in appello perché continua a dichiararsi innocente. Del resto, essendo con ogni probabilità davvero innocente, cos’altro dovrebbe fare?

Pochi parlano di Monica Busetto, su cui si esprimerà presto la Corte di Cassazione. Il nostro timore è che si tratti di un errore giudiziario dalle conseguenze estremamente gravi, ma ancora evitabile. Per questo vi chiediamo di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla sua vicenda”.

(Lorenzo Brusattin)

 

Ultimo aggiornamento: 27 aprile 2018