Anche il condannato risarcito per ingiusta detenzione

La riparazione per ingiusta detenzione spetta anche al condannato. A condizione che la custodia cautelare sia di durata superiore alla pena. Lo hanno affermato le Sezioni unite penali della Cassazione, con la sentenza n. 4187 depositata ieri. La pronuncia si pone in sintonia con quanto affermato pochi mesi fa dalla Corte costituzionale e ha affrontato il caso di una carcerazione preventiva subìta per una misura superiore alla pena cui l’imputato fu condannato; in sede di appello venne poi dichiarata l’estinzione del reato per effetto della prescrizione.

La sentenza ricorda innanzitutto che nella normativa italiana, come avviene in altri Stati, la riparazione per ingiusta detenzione non ha una funzione di risarcimento del danno (difficilmente quantificabile, oltretutto, in termini economici), quanto piuttosto ha la fisionomia di un’obbligazione di diritto pubblico che lo Stato assume nei confronti di chi ha sofferto l’ingiusta detenzione.

Altra valutazione fatta dalle Sezioni unite è poi quella di non ricollegare il diritto all’indennizzo a una formula di proscioglimento nel merito, ma anzi di far emergere in primo piano la necessaria eccezionalità della privazione del diritto di libertà. Su queste basi, la Corte costituzionale ha ritenuto l’anno scorso manifestamente irragionevole e lesiva dell’articolo 3 della Costituzione la scelta legislativa di limitare il diritto alla riparazione ai soli casi di assoluzione nel merito dalle imputazioni; scelta tanto più criticabile, perché dà rilevanza all’esito del procedimento penale piuttosto che all’incidenza che la custodia cautelare ha esercitato su un bene inviolabile come la libertà dell’individuo.

In altre parole, sono in contrasto con la Costituzione tutti i casi in cui la riparazione non è applicata per la violazione ingiustificata (va sempre effettuato un bilanciamento tra libertà personale ed esigenze di protezione della collettività) del diritto alla libertà personale. «Ne consegue – spiegano le Sezioni unite – che l’istituto è applicabile non solo nei casi di assoluzione dalle imputazioni, ma anche in quelli di proscioglimento per altra causa, non di merito, e infine qualora la custodia cautelare sia stata di durata superiore rispetto alla pena irrogata con sentenza definitiva».

Il giudice al quale è stata rinviata la decisione sulla riparazione dovrà però valutare il diritto all’indennizzo soprattutto sotto il profilo dell’esistenza di dolo o colpa grave a carico del richiedente. Quanto poi alla quantificazione, nel caso il diritto venga riconosciuto. il giudice dovrà escludere i mesi di custodia cautelare corrispondenti all’entità della pena.

(fonte: Giovanni Negri, il Sole 24 Ore , 30 gennaio 2009)