L'innocenza ignorata

Giulio fu arrestato il 23 dicembre 1980 con l’accusa di partecipazione a banda armata, per un suo presunto coinvolgimento nell’organizzazione Prima Linea.

Non aveva neanche ventidue anni, all’epoca, ed era iscritto alla facoltà di Lettere dell’Università dell’Aquila.

In primo grado fu condannato a 8 anni, che cominciò a scontare passando da un carcere all’altro in un regime detentivo peggiore dell’attuale 41-bis, regolato allora dall’articolo 90, che prevedeva l’isolamento totale.

Appena un’ora d’aria al giorno e le restanti 23 in cella, con non più di tre o quattro libri nei quali poter cercare conforto, o riparo dal buio sfibrante della solitudine. Per resistere la tentazione di abbandonarsi al dolore e provare a tenere la barra di un equilibrio psicologico sempre sul punto di crollare.

In appello Giulio fu riconosciuto innocente – sentenza confermata anche dalla Cassazione – e a maggio uscì finalmente dal carcere. A maggio del 1986, dopo sei anni detenzione ingiusta. Anni che nessuno potrà mai restituirgli, sottratti alla sua giovinezza in cambio di una ferita destinata a restare aperta. E a sanguinare a ogni tentativo di riannodare i fili della propria vita. L’assoluzione può infatti non bastare a lavare il marchio di un’accusa infamante, a scacciar via l’ombra del sospetto dagli sguardi altrui e reinserirsi nella società è stata per lui una prova durissima, come riallacciare i rapporti con la politica che è da sempre la sua più grande passione. Tuttavia ce l’ha fatta e oggi Giulio Petrilli è nel direttivo del Partito democratico aquilano, con delega alla giustizia.

Il suo è uno dei tanti errori giudiziari mai risarciti, perché l’assoluzione è arrivata prima alla riforma del codice di procedura penale che nel 1989 ha introdotto la riparazione per detenzione. Una norma che non prevede retroattività e che, ad esempio, esclude dall’indennizzo tanti che negli anni di piombo hanno subito il carcere da innocenti, magari per la semplice dichiarazione di un pentito.

Da tempo Petrilli si batte perché questa forma di discriminazione venga sanata e siano discusse le proposte di legge che introducono la retroattività nella norma sulla riparazione depositate, tre anni or sono, al Senato e alla Camera dai parlamentari radicali Marco Perduca, Donatella Poretti, Rita Bernardini e da Pier Luigi Mantini dell’Udc.

In ballo c’è il principio di uguaglianza, che rischia di essere violato se due errori analoghi sono considerati diversamente, solo perché commessi in epoche differenti. Concedere il risarcimento anche a chi se lo è visto negare sarebbe un modo per rimarginare qualche ferita nel vissuto di uomini innocenti e nel funzionamento di una Legge che vuol essere uguale per tutti.

Valentina Ascione

(fonte: gli Altri , 3 giugno 2011)