Spigarelli (Unione camere penali): "Troppi sbagli, rischiamo tutti"

Valerio Spigarelli, presidente dell'Ucpi

Gli errori giudiziari ci saranno sempre. Il giudizio, infatti, come tutte le attività intellettuali, è fallibile per definizione ma, come dimostra l’inchiesta che Il Tempo sta pubblicando in questi giorni, il grado e la diffusività degli errori e le modalità della loro riparazione testimoniano lo stato di salute di un sistema giudiziario.

 

In Italia da tempo abbiamo accolto l’idea che la miglior ricostruzione dei fatti sia assicurata dal confronto tra le parti processuali, accusa e difesa, dinanzi ad un giudice terzo, equidistante tra i contendenti. Una condizione che ancora non si verifica, però, posto che pm e giudici fanno parte di un unico corpo giudiziario e dunque l’assetto è sicuramente sbilanciato a favore dell’accusa.

 

Ebbene, una delle cause che alimentano la possibilità di errore giudiziario, è proprio l’appiattimento dei giudici rispetto alle richieste dei colleghi pm. Un effetto esiziale in un sistema accusatorio, sia in tema di custodia cautelare, sia nella conduzione del pubblico dibattimento. Quanto al carcere inflitto prima della condanna definitiva a chi, per precisa scelta costituzionale, si deve la qualifica di non colpevole, i numeri dimostrano questo squilibrio: oltre il 40 per cento dei detenuti italiani è in attesa di giudizio. Secondo il codice questo dovrebbe essere un avvenimento eccezionale ma è del tutto evidente che i giudici interpretano le regole in maniera assai largheggiante perché sono troppo sensibili alle richieste dei pm.

 

Anche la riparazione dell’errore giudiziario soffre del medesimo problema: per stampellare le ragioni dello Stato la giurisprudenza è di manica stretta, tanto da imporre condizioni rigidissime, non previste dalle legge, per l’ottenimento degli indennizzi per ingiusta detenzione.

Insomma, quando si finisce in cella per sbaglio, specie durante le indagini, si rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano quando si chiede il conto dell’errore, e sempre per lo stesso motivo: la troppa vicinanza dei giudici agli interessi dello Stato. Una scelta sbagliata, che altera la ricostruzione dei fatti, aumenta il rischio di errore giudiziario, e frustra le aspettative di una riparazione equa. Per questo ci vuole la separazione delle carriere.

 

Valerio Spigarelli

(Presidente dell’Unione camere penali italiane – Ucpi)

 

(fonte: Il Tempo, 17 settembre 2013)