Risarcimento per ingiusta detenzione a cittadino di Pietraperzia

Ci sono voluti oltre cinque anni perché i giudici della seconda sezione della Corte di Appello di Caltanissetta, presieduta al dr. Aloisi, relatrice la dottoressa D’Amore, con un’ordinanza, depositata nei giorni scorsi, ha messo la parola fine riconoscendo il risarcimento ad un uomo di 40 anni, S.G. di Mazzarino, ma residente per alcuni a Pietraperzia, per ingiusta detenzione.

La storia di S.G. inizia nel 2002, quando i giudici del Tribunale di Enna lo assolvono con la formula “per non avere commesso il fatto” dalla accusa di associazione mafiosa e di far parte della famiglia mafiosa Pietraperzia e Mazzarino. Nel 2005, assistito dall’avvocato Salvatore Bevilacqua proponeva alla Corte di Appello di Caltanissetta l’istanza per ottenere l’indennità per l’ingiusta detenzione, avendo dovuto subire due distinti periodi di carcerazione preventiva subiti proprio per il reato per il quale è stato poi assolto.

La Corte di Appello di Caltanissetta nel 2005 rigettava la richiesta ritenendo che S. G., comunque, avesse provocato il sospetto, decisione che il suo difensore, l’avvocato Salvatore Bevilacqua, impugnava davanti la Corte di Cassazione ed otteneva il totale annullamento per carenza di motivazione.

Il carteggio ritornava alla Corte di Appello di Caltanissetta ed il Giudice rigettava nuovamente l’istanza per il riconoscimento dell’indennizzo, sostenendo, in buna sostanza, le medesime argomentazione della prima decisione. L’avvocato Salvatore Bevilacqua non mollava e proponeva un nuovo ricorso sempre davanti la Corte di Cassazione per pervenire ad un’ulteriore annullamento sia pure parziale, nel senso di limitarlo ad uno soltanto dei due periodi della detenzione sofferta.

Questa volta la Corte di Appello di Caltanissetta, nella sua nuova composizione, ha definitivamente riconosciuto che S.G. ha diritto all’indennizzo per l’ingiusta detenzione sofferta dal 15.2.1994 al 21.6.1994, circa quattro mesi, dato che in alcun modo egli aveva comunque determinato o dato causa all’emissione dell’ingiusto provvedimento di custodia cautelare.

La Corte d’Assise, quindi, per il periodo di 127 giorni di ingiusta detenzione sofferto gli ha liquidato la somma di 30 mila euro pari a 235 euro al giorno. “Certo è molto triste dovere attendere tutto questo tempo – ha dichiarato l’avvocato Bevilacqua – è stato necessario attendere ben tre decisioni della Corte di Appello e due della Corte di Cassazione, prima di giungere al riconoscimento di quanto legislativamente e legalmente previsto. Comunque questa è l’ennesima dimostrazione che la fiducia nell’Autorità Giudiziaria non deve mai venire meno, perché alla fine il diritto trova sempre il suo giusto riconoscimento”.

(fonte: Vivi Enna, 10 agosto 2010)