Luigi Pelaggi

«Io, arrestato per aver fatto risparmiare 670 milioni allo Stato»

Accusato di corruzione, per aver intascato una tangente da 700 mila euro. Costretto a cinque mesi in carcere. Alla fine, riconosciuto innocente. «Ho fatto risparmiare allo Stato 670 milioni di euro. E sono finito pure a Regina Coeli». Parole dell’ex commissario di governo Luigi Pelaggi, già in Confindustria e poi a capo della segreteria tecnica del Ministero dell’Ambiente con Stefania Prestigiacomo. L’accusa di corruzione che lo aveva portato dietro le sbarre è stata archiviata. L’inchiesta riguardava la bonifica dell’area ex Sisas di Pioltello-Rodano, 300 mila metri quadri dai quali dovevano essere rimosse e smaltite 300 mila tonnellate di rifiuti speciali. L’opera era stata inizialmente sospesa dopo l’arresto di uno dei vincitori dell’appalto originario e questo aveva portato l’Europa a condannare due volte l’Italia a pagare centinaia di milioni di euro.

Il Governo aveva nominato allora come commissario straordinario proprio Luigi Pelaggi, affinché provvedesse a concludere la bonifica regolarmente. L’avvocato era riuscito a portare a termine tutto in un anno, evitando la multa dell’Unione europea. Eppure era stato raggiunto raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare che lo aveva costretto a cinque mesi in una cella del carcere romano di Regina Coeli. Salvo poi essere riconosciuto completamente estraneo a quelle accuse.

Luigi Pelaggi
L’avvocato Luigi Pelaggi.

Ma c’è un altro aspetto a dir poco singolare. Luigi Pelaggi era stato arrestato nel gennaio 2014 in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Procura di Milano. Le prove dell’insussistenza dell’accusa nei suoi confronti erano già contenute nelle stesse carte dell’inchiesta, un faldone da 32 mila pagine che comprendeva anche una relazione della Guardia di Finanza in cui era chiarissimo che i 700 mila euro di corruzione di cui veniva accusato non erano mai finiti a lui. Il nome di Luigi Pelaggi era citato in un’intercettazione in cui veniva accostato a un numero: 700. I responsabili di una società incaricata della bonifica del sito a Pioltello dell’ex area Sisas, la Daneco, parlavano di 700 mila euro e poi di Pelaggi: «I 700 poi sai dove vanno?». «Lo so, lo so…questo commissario è fantastico». Ma i “700” cui facevano riferimento non erano affatto destinati a Pelaggi.

Su questo aspetto la Procura generale della Cassazione ha aperto un procedimento disciplinare. Vuole capire come mai, pur essendo agli atti, la relazione della Guardia di Finanza che scagionava Pelaggi non sia mai stata presa in considerazione dai magistrati e dai giudici che si sono succeduti nella trattazione del caso: dai quattro Pm milanesi che hanno svolto l’inchiesta, ai Gip che hanno emesso il provvedimento restrittivo e lo hanno convalidato (respingendo ben tre richieste di scarcerazione), fino ai giudici del tribunale del Riesame.

Avvocato Luigi Pelaggi, quando ha saputo della sua totale estraneità a un’accusa così pesante?
«Solo alla fine di giugno 2015. Ma la cosa che più mi lascia perplesso è il fatto che la decisione del Gip romano è stata presa nel maggio precedente».

Quindi trenta giorni in più di sofferenza dopo quello che aveva già dovuto affrontare.
«Sì. Ma non finisce qui. Ho già presentato al Tribunale civile di Roma richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione. Ma appena terminerà anche il procedimento penale, chiederò pure risarcimento per l’ingiusta privazione della libertà personale. Ho già pronto infatti un dossier di 250 pagine che ho scritto in collaborazione con esperti della Nato e di Pisa per dimostrare la mia innocenza».

Il reato di corruzione è stato archiviato. Ma restano in piedi ancora le accuse di violazioni ambientali e abuso d’ufficio.
«Queste accuse faranno la fine di quella di corruzione e sarà riconosciuta la mia innocenza. Anzi. Si riconoscerà quello che da sempre è evidente: con la bonifica della Sisas lo Stato italiano ha risparmiato una sanzione economica di oltre 670 milioni di euro già comminata dalla Commissione europea».

Cosa le è rimasto di quei giorni trascorsi a Regina Coeli?
«Un senso di vergogna».

Preferisce non ripercorrere quel periodo dietro le sbarre?
«Sì. Parlarne mi fa stare di nuovo molto male, non ce la faccio a dirle ciò che ho affrontato, emozioni troppo forti per ripercorrerle».

Lei fu accusato di aver intascato una tangente di 700mila euro da una società.
«La liquidazione del reato di corruzione è solo l’inizio, al più presto sarà riconosciuta anche l’insussistenza di tutte le altre accuse, come già venne riconosiucta l’incompetenza per territorio delle autorità giudiziaria di Milano da parte della Cassazione».

La sua battaglia giudiziaria non è dunque ancora terminata.
«No, ma l’accusa di corruzione, quella più grave, è stata archiviata. Non le faccio l’elenco dei lavori che ho svolto nella mia vita, ma le dico, ad esempio, che tra l’altro, per dieci anni, ho insegnato diritto del Lavoro all’università».

Professore, cosa si augura dopo un’esperienza del genere?
«Spero che non capiti a nessuno».

Crede ancora nella giustizia?
«Certo, profondamente, però è un diniego di giustizia perché quando non si studiano le carte che cosa hanno studiato a fare? Tutto ciò è una parte dell’ingiusto potere».

C’è qualcosa che non rifarebbe?
«Assolutamente no. Ho fatto tutto in conformità della legge. Io sono la quarta generazione di avvocati in famiglia, il diritto lo conosciamo».

 

(fonti: La Stampa, Il Tempo)

Ultimo aggiornamento: 22 giugno 2019

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