Luciano Violante: “Ecco cosa penso della nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati”

Luciano Violante

Per Luciano Violante è necessario definire il ruolo della magistratura nella società contemporanea, «rivedere il suo statuto»; ma alla nuova legge sulla responsabilità civile dei giudici mancano alcuni elementi: è assente una norma equilibratrice «che punisca l’azione temeraria» di chi ricorre contro un magistrato per intimidirlo; e non si prevede una corte unica per la responsabilità disciplinare di tutte le magistrature.

 

Con la sua esperienza di magistrato, politico e costituzionalista, approva nell`insieme la nuova legge sulla responsabilità civile dei giudici?

«La legge riesce a conciliare il valore dell’indipendenza dei magistrati con quello del diritto al risarcimento per il cittadino danneggiato da un eclatante abuso giudiziario. Un equilibrio difficile per i valori che sono in gioco. Fino a una cinquantina di anni fa vigeva, per i magistrati, un principio di autorità che li rendeva intangibili. Oggi prevale il principio di trasparenza; il magistrato, come chiunque eserciti un pubblico potere, deve giustificare continuamente il suo operato».

 

Questa legge mette in qualche modo a rischio l’indipendenza dei magistrati?

«La legge segna una sorta di linea di confine attorno all`azione dei magistrati. Bisogna tutelare i cittadini da gravissime distorsioni e, insieme, proteggere la magistratura da possibili “aggressori” economicamente forti».

 

Infatti una delle contestazioni alla nuova legge è che manca proprio la seconda parte che lei indica: dunque sarebbe necessario un contrappeso?

«Sì, per evitare di esporre la magistratura ad aggressioni strumentali servirebbe una norma che punisca l`azione temeraria di chi ricorre ingiustificatamente contro un giudice».

 

In Europa i limiti della responsabilità dei giudici sono definiti da ordinamenti molto simili alla legge Vassalli, quella in vigore dal 1988 e invece modificata oggi dalla nuova norma. In Germania, poi, la responsabilità è solamente a carico dello Stato; e nel Regno Unito i magistrati godono addirittura di immunità.

«Ogni Paese disciplina la materia secondo propri criteri. Bisogna prendere le distanze dagli abusi più gravi».

 

Ritiene che ci siano, ne vede nel nostro panorama giudiziario?

«Queste norme servono soprattutto a definire i caratteri di una democrazia politica. Prevedere sanzioni nei confronti di abusi gravissimi del potere giudiziario concorre a definire il principio costituzionale per il quale le funzioni pubbliche vanno esercitate con “disciplina e onore”».

 

Accennava alla politica: molti esponenti di quel mondo sono magistrati; o, se si preferisce, viceversa.

«Infatti c’è una contraddizione: da un lato si discute il ridimensionamento del potere dei magistrati; e dall`altro la magistratura rappresenta una sorta di esercito di riserva della Repubblica. Il capo dell’Anticorruzione, l`assessore alla Trasparenza del Comune di Roma, il presidente del Senato, i presidenti della commissione Giustizia di Camera e Senato, io stesso quando ho presieduto Montecitorio: tutti magistrati o ex magistrati».

 

Crede che i magistrati oggi siano in una situazione di difficoltà?

«Ci sono gravi problemi. Mezzi scarsi, cattiva distribuzione del personale amministrativo, competenze crescenti su questioni molto difficili, leggi a volte indecifrabili».

 

Ritiene che, rispetto alla nuova legge, i giudici abbiano un atteggiamento troppo conservatore?

«È stato giusto il loro no allo sciopero. Nell’Anm è prevalso il senso dello Stato. Però, ripeto, serve una discussione seria sul ruolo delle diverse magistrature nella democrazia contemporanea. Dovrebbero essere i magistrati stessi a proporla».

 

Diversi rappresentanti politici o del governo hanno ripetutamente affermato che la legge sulla responsabilità civile dei giudici andava varata, e in fretta, perché ci è stata richiesta dall’Europa.

«No, è soltanto una bugia. L’Europa non c’entra nulla. La politica deve assumersi la responsabilità delle proprie scelte».

 

(fonte: Daria Gorodisky, Corriere della Sera, 25 febbraio 2015)