Mentre i pm protestano, gli errori giudiziari aumentano

L’hanno presentata come la riforma delle riforme. Ma, a guardare bene, quella approvata dalla Camera dei Deputati, è una “riformicchia” e non cambierà di molto le cose, cioè la sostanziale impunità di cui godono i magistrati nel nostro Paese. Una delle caste più potenti d’Italia che negli ultimi trent’anni ha “pagato” per i suoi sbagli solo sette volte. La riforma ci è stata imposta dall’Europa, come del resto quel minimo di “sfollamento” attuato nelle nostre carceri poco prima del 28 maggio scorso (quando scadeva l’ultimatum della Corte Ue). Ma lo scoglio della responsabilità diretta, sempre demonizzata dalle toghe, non è stato superato. Resterà, infatti, indiretta. Il cittadino, che pure vedrà ampliate le possibilità di fare ricorso, dovrà rivalersi sempre sullo Stato e non direttamente sul magistrato “fallace”. Poi sarà il primo a rivalersi sul secondo. E, anche se viene ridelineata la portata della «clausola di salvaguardia», il magistrato non è chiamato a rispondere dell’attività di interpretazione della legge e di valutazione del fatto e delle prove. Insomma, non è tenuto a rispondere quasi di niente. Più o meno come prima. Non solo: oltre alle proteste delle associazioni di categoria, già si parla di un monitoraggio da parte del Csm sugli effetti “nefasti” della nuova legge.

 

Il bello (anzi, il brutto) è che il fenomeno degli errori giudiziari e delle ingiuste detenzioni non solo non è in calo, ma è in crescita. Scrivemmo di questo scandalo un anno e mezzo fa sulle colonne de «Il Tempo». Spiegammo che, calcolando i 25.0000 rimborsi concessi e quelli (molto più numerosi) negati, almeno 50.000 italiani erano stati incarcerati senza un motivo valido dall’inizio dei ’90 ad oggi, cioè da quando (con il nuovo codice) è stato introdotto il risarcimento.

 

Le cose sono peggiorate. Nel corso del 2014 le somme spese dallo Stato per le riparazioni per ingiusta detenzione ed errore giudiziario, come ha sottolineato il viceministro della Giustizia Enrico Costa, sono lievitate ulteriormente. Sono cifre che fanno impressione. Con 995 domande liquidate, per un totale di 35 milioni e 255mila euro, il 2014 ha segnato un incremento del 41,3 per cento dei risarcimenti per ingiusta detenzione rispetto al 2013, che registrava l’accoglimento di 757 domande per un totale di 24 milioni 949mila euro. Dal 1992 al 31 dicembre 2014 l’ammontare complessivo delle riparazioni ha raggiunto così i 580 milioni, 715mila e 939 euro. Complessivamente, sono oltre 23mila le liquidazioni effettuate.

 

Il fenomeno varia da regione a regione e da tribunale a tribunale. La maglia nera va decisamente a Catanzaro, con sei milioni e 260mila euro che si sono intascate 146 persone. Impennata che si regista anche a Napoli, per un totale annuo di 143 domande liquidate con 4 milioni e 249mila euro. A Palermo la cifra liquidata è pressoché equivalente (quattro milioni e 477mila euro), a fronte però di meno della metà di casi di ingiusta detenzione (66). Roma ha prodotto 90 fascicoli per un totale di tre milioni e 201mila euro di risarcimenti incassati dalle «vittime».

Il 2014, sempre secondo i dati forniti dal ministero di via Arenula, ha fatto registrare un incremento dei pagamenti anche per i casi di errore giudiziario, che rappresentano un fenomeno altrettanto preoccupante ma con un esborso minore. Si è passati dai 4.640 euro del 2013 (quattro casi), al milione 658mila euro andato lo scorso anno a diciassette persone. Uno spreco enorme di denaro pubblico. Negli ultimi 33 anni, dal ’91 al 2014, per gli errori giudiziari sono stati corrisposti quasi 32 milioni di euro.

 

(fonte: Maurizio Gallo, Il Tempo, 26 febbraio 2015)