Innocenti in carcere, una vergogna senza limite

Dopo 18 anni di carcere nei penitenziari più duri e difficili d’Italia, lo Stato si è accorto che sei uomini erano estranei alla strage di Via D’Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino e la sua scorta, e li rimette in libertà senza neanche una parola di scuse.

 

Sei uomini, alcuni comunque vicini alle cosche, altri totalmente estranei, che entrarono in carcere ragazzi e ne escono, dopo 18 lunghi anni, vecchi nell’anima e privi di ogni speranza. Uomini che, nel frattempo, hanno perso la famiglia, il lavoro e persino la dignità; uomini cui lo Stato ha chiesto di pagare un prezzo altissimo per un delitto che non solo non hanno commesso ma che, addirittura, con ogni probabilità, è stato lo stesso Stato ad ordinare.

 

Vittime sacrificali di un sistema perverso, in cui la giustizia si trasforma sempre più in ingiustizia. Vittime di un sistema giudiziario che non paga mai per i propri errori, anche per i più gravi, e che per le proprie decisioni affrettate ed ingiuste ha prodotto, solo nel 2010, come ci dice Eurispes, ben 8000 richieste di risarcimento per ingiusta detenzione. 8000 richieste che, al di là degli aridi numeri, equivalgono ad 8000 persone che hanno visto rovinata la propria vita per errori giudiziari per i quali nessun giudice o pubblico ministero paghera’ mai il conto.

 

Come nascondere l’indignazione per uno Stato che non difende i suoi cittadini e li lascia in balia delle Procure? Fa rabbrividire il giustizialismo di chi, come fosse una partita di calcio, fa il tifo per le procure a prescindere, o per chi teorizza il “meglio un innocente in galera che dieci colpevoli liberi”; cari tifosi questa bella storia raccontatela alle famiglie, ai figli, agli amici di quell’uno finito in galera ed imprimetevi bene in mente la loro risposta.

 

Se poi vi resta tempo leggete le cronache di sabato ed andate a vedere cosa è accaduto alla procura di Potenza: scoprirete un mondo diverso in cui non sempre i buoni, come nei film, indossano toghe ed ermellini.

 

Fedro

 

(fonte: BlogSicilia.it, 30 ottobre 2011)