Dritti in carcere… e senza passare dal via: togliete la benda dagli occhi della giustizia

Un giorno da innocente dietro le sbarre vale per lo Stato a titolo di “risarcimento” 235,82 euro fino ad un tetto massimo di 516.456,90 euro. Ed allora “diamo un po’ di numeri”! Nel periodo che va dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2011 il totale delle riparazioni pagate dallo Stato italiano per ingiusta detenzione ed errore giudiziario ammonta a circa 470.000.000 di euro. Nel solo 2011, come riportato dalla relazione del guardasigilli Paola Severino lo Stato ha avuto un «esborso» di 46 milioni di euro. Una spada di Damocle per le nostre disastrate finanze, visto che i detenuti in attesa di primo giudizio sono oltre 14.000. E come al solito dietro questi numeri esorbitanti ci sono vite VERE! E ciò che crea scandalo non è l’averle rovinate come Stato, a volte perse, ma il doverli giustamente risarcire!

 

Secondo la legislazione italiana, la custodia cautelare “è ingiusta quando un imputato all’esito del processo viene riconosciuto innocente per non aver commesso il fatto; perché il fatto non costituisce reato; perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”. “La custodia cautelare è illegittima quando questa è stata vissuta da un imputato prosciolto per qualsiasi causa, o da un condannato che nel corso del processo è stato sottoposto a custodia cautelare senza che ne sussistessero le condizioni di applicabilità”.

 

Si può fare richiesta di risarcimento soltanto dopo che la sentenza sarà definitiva, e visto che in Italia la magistratura può far appello anche contro una assoluzione, probabilmente passeranno tutti e tre i gradi di giudizio e quindi dopo molti anni, non sarà però automatico riceverla, un tribunale dovrà dichiararla legittima secondo diversi parametri e sempre interpretabili.

 

Come non parlare di un problema scandaloso che riguarda le tante carcerazioni preventive, che poi come ha sottolineato la Ministra Severino in molti e troppi casi si risolvono con assoluzioni?
E come non affrontare politicamente questo vulnus vergognoso della nostra giustizia?

 

Il rapporto UE sulla carcerazione preventiva ci fa «dono» come nazione della «maglia nera» essendo proprio l’Italia il paese con un più alto tasso di presunti innocenti in carcere: oltre il 42% dei detenuti.

 

La sola proposta di legge sulla custodia cautelare di questa legislatura, nonostante tutti parlino di «abuso» della carcerazione preventiva, è quella della delegazione radicale, e non è stata neanche messa all’ordine del giorno, nonostante sia stato richiesto anche durante l’ultimo dibattito sul decreto legge chiamato impropriamente prima «svuotacarceri» e poi «salvacarceri»! Ed un prossimo decreto “salvacoscienze” quando arriverà? perchè servitori dello Stato Si, ma complici giammai!

 

Ed allora una proposta pratica, veloce, indolore, tanto per dire “il re è nudo” : Basterebbe dare misure alternative a tutti i soggetti in attesa almeno di primo giudizio, che di colpo i detenuti diverrebbero poco più di quelli ammessi per legge! lasciando in carcere realmente soltanto i casi di provata flagranza di reato, vi sembra troppo ardimentoso? più dello stipare migliaia di persone dentro lager fascisti?

 

Ma perchè si sbaglia così tanto? Perchè per poter «soggiornare» nelle nostre prigioni NON occorrono prove, forti, tangibili, magari scientifiche, bastano degli indizi, proprio perché il nostro sistema penale è basato sul cosiddetto processo indiziario (che tanto mi ricorda la Santa Inquisizione). E sul processo indiziario sia la dottrina che la giurisprudenza hanno avuto modo di occuparsi ampiamente, il tema della prova è il fulcro attorno al quale ruota ogni processo, e la prova indiziaria in sé presenta delle peculiarità suscettibili di valutazioni diverse sarà quindi alla coscienza ed all’abilità di un magistrato la valutazione di queste ultime che se anche fosse errata non sarà mai oggetto di una possibile responsabilità civile del giudice, che non ne risponderà MAI mentre un innocente finirà in carcere!!!

 

Proprio il comma 2 dell’art. 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117(Vassalli) esclude infatti l’errata valutazione dell’indizio dalla responsabilità: «Nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove», come se dicessimo che non può dar luogo a responsabilità l’errore palese di un chirurgo che causa la morte di un paziente, perchè parte delle sue funzioni.

 

Ed allora una proposta shock, tanto per dire ancora “il re è nudo” : L’abrogazione del comma 2 assieme all’eliminazione dell’art. 192 2° co. c.p.p. ridurrebbero ai minimi termini la possibilità di errore da parte dei giudici, che sempre uomini sono e come tali soggetti a sbagliare, ridando da un lato dignità alle prove scientifiche e dall’altro attribuendo la funzione propria del magistrato inquirente quella della valutazione della prova. Ed anche questo sembra troppo? Più della malcelata incoerenza, dell’ipocrisia di leggi e commi che di fatto affossano la volontà popolare?

 

E leggiamo invece nei motivi dei tanti rigetti alle richieste di misure alternative alla custodia in carcere che su carta e solo su carta dovrebbe essere l’estrema ratio, la «possibile reiterazione», troppo facile! si può astrattamente attribuire ad ogni indagato!
E mi chiedo: come si fa a reiterare ciò che non si è commesso? Si sta dando quindi già per scontata la commissione di reato prima ancora di essere giudicati? SI. Questa è la prova tangibile che la presunzione di innocenza NON ESISTE! la giustizia «moderna» non ha ancora superato certi pregiudizi che venivano imputati alla cultura dei secoli passati, in particolare ai metodi della Santa Inquisizione: ancora oggi nei processi, di fatto l’onere della prova è ribaltato e ricade sull’accusato ed è proprio il soggetto sottoposto ad indagini purtroppo a dover provare la sua estraneità nei fatti, non il contrario, altrimenti si rischia di passare tutta la custodia cautelare dietro le sbarre ed in base al reato per cui si è indagati possono passare 6 mesi o magari un anno prima di poter avere la possibilità di interloquire con un giudice (Gup) che deciderà un rinvio a giudizio o meno.

 

Ma vorrei invece soffermarmi sulla sofferenza inflitta a queste persone, una ad una, con una vita, un lavoro, delle famiglie alle spalle ed una dignità calpestata. Sofferenza che lo Stato pensa di poter risarcire con una formula matematica. Sofferenza atroce nel vedere la vita stravolta da un giorno all’altro, divenendo dei rejetti e dei criminali per la società.

 

Verranno prelevati all’alba ed ammanettati, mentre increduli penseranno sia solo un incubo saranno schedati, fotografati, numerati e gettati in carcere. Passeranno in isolamento dei giorni prima di essere interrogati, fuori dal mondo con l’anima letteralmente strappata a mani nude senza poter avere contatti con i propri familiari, senza capire cosa stia accadendo, senza una carezza o due parole di solidarietà da nessuno. Cominceranno ad avere paura di un sistema perverso del quale non si sentono parte integrante. E da quel momento in poi guarderanno in un buco nero, talmente nero e talmente profondo che alla fine sarà il buco a guardare loro, prendendosene gioco.

 

E tutto questo come in un perverso gioco al Monopoli «senza passare dal via», dritti in prigione! E si sta fermi lì diversi turni! aspettando che il famoso lancio di dadi possa renderci giustizia! Un tragico e beffardo lancio di dadi. È questione di fortuna il trovare subito un avvocato onesto e che creda all’innocenza del proprio cliente. È questione di fortuna non incontrare un magistrato che male interpreterà degli indizi. È questione di fortuna trovare un giudice coscienzioso che non si limiti a fare un copia/incolla da un foglio word per una sentenza. È questione di fortuna non ammalarsi o togliersi la vita nel frattempo in carcere.

 

In una celebre poesia, Edgar Lee Masters, usa l’immagine della benda sugli occhi dell’icona della Giustizia, per criticare la cecità delle corti e l’arbitrarietà delle sentenze, invece nell’iconografia ufficiale alla benda si da il significato di garanzia dell’imparzialità e incorruttibilità dei giudici. Un particolare quello della benda sugli occhi che può essere ambivalente, indicando talora l’imparzialità, talora invece l’incapacità di un retto giudizio. La benda apparve nel 1494 in una incisione che illustrava il poema Narrenschiff (“La nave dei folli”) di Sebastian Brant, in cui la figura della giustizia appare bendata da un folle, riconoscibile dal berretto a sonagli. Il tema della benda andava all’epoca ad intrecciarsi con l’iconografia del Cristo bendato e deriso durante la Passione: quel processo rappresentava la condanna dell’innocente per antonomasia e si trattava di un’immagine molto popolare e ben riconoscibile da tutti.

 

E se il vero motivo per cui la Giustizia appare bendata fosse OGGI proprio quello originale? Toglietele la benda dagli occhi, subito! togliete la benda anche dai vostri occhi, dalle vostre coscienze e cominciate a gridare il re è nudo!

 

Valeria Centorame

 

(fonte: Notizie Radicali, 29 febbraio 2012)