Accusato di stupro, perde lavoro e permesso di soggiorno. Ma era innocente

Dal 1995 in Italia, con un lavoro regolare e il permesso di soggiorno, ha visto la sua vita cambiare radicalmente per un’accusa – rivelatasi infondata – di violenza sessuale.
Ma, a causa di quella vicenda, ha perso l’impiego e, soprattutto, il titolo per restare legalmente in Italia.
La vicenda del 40enne marocchino Abdelmijd Mahraoui è stata denunciata dal Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni secondo cui, l’uomo si trova ora «in una sorta di limbo giuridico-amministrativo da cui non riesce a riemergere.
Senza permesso di soggiorno, infatti, non può cercare lavoro e rimanere in Italia. Una cosa cui avrebbe pieno diritto visto che l’infamante accusa che gli è stata rivolta si è rivelata assolutamente infondata».
Abdelmijd è stato arrestato il 24 febbraio del 2009 con l’accusa di violenza sessuale e subito trasferito nella sezione precauzionale del carcere di Regina Coeli.
Durante la detenzione l’uomo, che si è sempre dichiarato innocente, ha perso il lavoro e non ha potuto rinnovare il permesso di soggiorno, scaduto a maggio 2009.
Scarcerato dopo dieci mesi, il 10 dicembre scorso, Abdelmjid va alla Questura di Roma per il rinnovo del permesso scaduto ma qui gli viene notificato il decreto di espulsione.
Nel frattempo la giustizia fa il suo corso.
A marzo 2010 il marocchino viene assolto dal Tribunale di Roma con formula piena e, sulla base di questa sentenza, l’avvocato chiede l’annullamento del Provvedimento di Espulsione, accordato a giugno, e il risarcimento per l’ingiusta detenzione.
«Ci stiamo adoperando, insieme all’avvocato, affinché quest’uomo possa ottenere al più presto il titolo per tornare a vivere la vita che aveva prima – ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni – Al momento infatti Abdelmjid non è più espulso, ma senza il permesso di soggiorno non può lavorare ed avere una vita onesta.
Spero davvero che le autorità facciano celermente quanto il loro potere per scrivere definitivamente la parola fine a questa ingiustizia».

(fonte: Marco Leone, Dazebao News , 10 agosto 2010)