"Ho fatto condannare papà ma è innocente"

Un padre viene condannato a otto anni di prigione per un orrendo caso di pedofilia: ha violentato la figlia per un decennio, dice la sentenza ormai definitiva. Ma a chiedere la grazia per il “maniaco” ora è proprio lei, la presunta vittima del genitore-padrone.
Alessandra, oggi, ha 24 anni e fa il quarto anno di giurisprudenza: “Voglio diventare avvocato per riaprire il processo e avere giustizia”. Il 25 marzo scorso questa ragazza valtellinese, assistita dall’avvocato Luigi La Marca, ha presentato, con la madre e una delle due sorelle, una richiesta di grazia per il padre, che è latitante proprio per sfuggire alla pena provocata dalle sue accuse. Poi, il 2 settembre, Alessandra ha scritto a Ciampi per spiegare che si era “inventata tutto”. E che lo aveva ammesso già ai giudici, “ma loro non hanno creduto alla mia ritrattazione”. E ieri mattina è scesa a Milano con il fidanzato per “giurare su Dio” che “questa è l’altra faccia della pedofilia: non sempre le vittime sono i bambini”. Il caso si era aperto nel gennaio ’93.
Alessandra, allora ricoverata in psichiatria all’istituto Mondino di Pavia, racconta prima ai medici e poi a una poliziotta di essere stata violentata dal padre, fin dall’adolescenza, e da un amico di famiglia. “Mentivo – dice ora, scuotendo i lunghi capelli neri -: mescolavo veri ricordi d’ infanzia alle menzogne. Ora me ne vergogno, ma allora, imbottita com’ero di psicofarmaci, non mi rendevo conto della gravità delle mie parole”. A Milano l’uomo viene arrestato e nel ’94, a Sondrio, è condannato a 12 anni. Al primo processo d’appello, la svolta: la vittima ritratta tutto, mentre una perizia del professor Ponti sostiene che “la ragazza all’epoca delle rivelazioni era in una condizione morbosa che comprometteva la testimonianza”. Quindi il padre è assolto e lei, in aula, corre a riempirlo di baci. Ma la Cassazione, su ricorso dell’accusa, annulla. E il nuovo processo si chiude con una condanna a 8 anni, che diventa definitiva solo nel ’99, dopo un nuovo annullamento e un terzo appello. Dopo due anni di cella, intanto, il padre è scappato. E questo spiega il parere negativo alla grazia dato dal sostituto pg Liberati. Mentre il pm Forno si limita a far notare che “c’è una condanna definitiva”. Condanna che la presunta vittima non accetta: “Mio padre non mi ha mai violentato. Le mie false accuse erano l’ effetto del ricovero in quel manicomio, dopo un grave trauma cranico: nel ’92 ero stata investita da un’auto”. Rileggendo l’atto d’accusa, Alessandra spiega di aver “inventato tutto” per punire un padre “solo un po’ manesco” e un amico di famiglia che, “lui sì, ci provava, ma niente più”. “E’ incredibile: per accusare ingiustamente mio padre, ho usato persino Buck…”. E chi è Buck? “Il nostro cane. Ai giudici ho tentato di dimostrare che almeno questo abuso non poteva essere vero. Ma invece di credermi quando ho detto la verità, hanno creduto alle mie menzogne”.

LA LETTERA Tre pagine e mezzo scritte a penna per implorare la grazia “perché mio padre è innocente”, “perché le violenze sessuali me le ero inventate”. Ecco alcuni passi della lettera che Alessandra ha spedito il 2 settembre al capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi. “Eminentissimo signor Presidente, le scrivo perché spero di influire sulla domanda di grazia presentata 4 mesi fa a favore di mio padre, condannato ingiustamente per molestie nei miei confronti (…) Mio padre ha dovuto scontare, da innocente, due anni di galera (…) Sono otto anni che io e la mia famiglia cerchiamo di dimostrare la sua innocenza (…) Lui ormai non può più stare con noi, è latitante, solo e disperato, e si chiede ancora: perché? cosa ho fatto? (…) Mia madre è ancora convinta che il processo non sia finito (…) Penso di esser l’ unica in famiglia ad avere ancora la forza di lottare per la nostra giustizia. Io che continuo a domandarmi perché mai ho inventato una storia così orribile. Forse, dopo tanti anni, ho trovato molte risposte, che però nessuno vuole più ascoltare”.
Alessandra propone due soluzioni al problema del “perché mi fossi inventata tutto”. La prima è il suo ricovero in psichiatria nel ‘ 93, cioè quando accusò il padre: “Ero ancora ‘detenuta’ in ospedale, quel luogo maledetto dove si scatenò la mia pazzia…”. Col senno di poi, Alessandra si rivede come “una ragazza disperata, rinchiusa in un manicomio, legata al letto, irriconoscibile, da quanti farmaci le facevano ingerire”. E qui aggiunge: “I medici sostengono che gli psicofarmaci mi abbiano fatto ‘tornare bambina’ con la ‘mente libera’. Ma perché prima e dopo l’ospedale non ho mai avuto problemi, mentre lì ho tentato 11 volte il suicidio?”.
Ma Alessandra parla anche di “uno strano meccanismo”: “Più parlavo con medici e poliziotti, più avevo nuove cose da inventare; e più inventavo accuse su mio padre, più la loro attenzione aumentava. Usavo i miei ricordi d’ infanzia, puri, e li infangavo d’ oscenità per dare la ‘prova’ (…) Giuro su Dio che mai ho pensato al male che facevo”. Alla fine, la ragazza riconosce che “tutto è già stato giudicato”, compresa “la visita ginecologica da cui risulta che sono vergine”, “eppure i giudici dicono che le mie parole sono vere, mentre io dico che sono false”. Appello finale a Ciampi: “La prego, ci aiuti, conceda la grazia a mio padre”.

(Fonte: Corriere della sera, 12 settembre 2000, Biondani Paolo)