Il Governo pronto alla svolta garantista: "Avanti anche se le toghe resistono"

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, con il premier Matteo Renzi

Quando Matteo Renzi pronuncia il suo appello anti-corruzione («chi tra di noi ha notizie di reato vada a dirlo ai pm»), un brivido percorre i sotterranei dell’Ergife dove si celebra l’Assemblea nazionale del Pd. Ad agitarsi sulle sedie è soprattutto l’ala bersaniana. E’ notizia di queste ore il presunto coinvolgimento di Davide Zoggia – astro nascente del Pd

di Pier Luigi Bersani – nell’inchiesta delle tangenti del Mose. Ma dal vicesegretario Lorenzo Guerini agli altri renziani doc, tutti a dire che il lìder maximo «non ce l’aveva con qualcuno in particolare». La novità, in queste parole, sta nella metamorfosi sul fronte della giustizia compiuta da Renzi. Il Pd non più come partito fiancheggiatore di giudici e Procure, ma il Pd «partito che laicamente affronta il tema della giustizia», dando massima attenzione alla questione morale e alla legalità. Declinandole però – ed è questo il cuore della novità – sotto il segno del garantismo: «Noi facciamo pulizia e siamo garantisti sul serio», professa Renzi sul palco, «alla magistratura chiediamo di rispettare ogni norma a tutela dell’imputato».

Una svolta non da poco, visto che a imprimerla è il primo segretario del Pd riuscito a volare sopra il 40 per cento e che si propone di governare «come un rullo compressore» per i prossimi quattro anni.

 

LA METAMORFOSI

La via stretta tra il giustizialismo caro al Pd-Ds-Pds-Psi e un garantismo che negli ultimi vent’anni è spesso servito da scudo a corrotti e corruttori, per Renzi è il superamento del «derby ideologico» tra le due tifoserie. Ed è affrontare i magistrati senza timori o sudditanze psicologiche: «Se qualcosa non funziona, questa va cambiata facendo anche riforme che non piacciono ai magistrati», afferma Renzi.

Inevitabile qualche ditata negli occhi dei giudici. Qualcuna è già arrivata: l’obbligo di andare in pensione a 70 anni e la forte sforbiciata alle retribuzioni. «E non abbiamo paura a dire all’Anm che non è un attentato all’indipendenza delle toghe mettere un tetto ai loro stipendi», scandisce Renzi. Altre ditate arriveranno: «Potete stare certi», afferma uno stretto collaboratore del premier, «che nella riforma della giustizia che sta preparando il Guardasigilli Orlando ci saranno norme che faranno venire il mal di pancia ai magistrati. Non per cattiveria, ma perché se è giusto che un sindaco o un parlamentare che sbaglia, paghi. E’ altrettanto giusto che un giudice che mette in galera impropriamente un innocente o abusa dei suoi poteri, ne paghi le conseguenze».

L’idea è quella di rimettere mano, come del resto chiede l’Unione europea, alla responsabilità civile dei magistrati. In Senato, quando verrà cancellata la norma sulla responsabilità diretta approvata mercoledì alla Camera grazie ai franchi tiratori («non sta in piedi, con quella norma nessun giudice andrebbe più a sentenza per timore delle conseguenze»), Orlando presenterà un testo in cui verrà fatta valere questa responsabilità. Ma con un “filtro” della Corte d’appello per evitare ricorsi arbitrari contro i giudici. E con una “corsia preferenziale” quando si ravveda l’esistenza di un dolo grave. «Il tutto senza alcuna volontà punitiva», garantiscono nell’entourage del Guardasigilli, che ricordano «l’inedita attenzione» di Orlando all’avvocatura, da sempre nemica giurata dei pm.

 

MORALITÀ E LEGALITÀ

Il Pd «laico» (nei confronti dei magistrati) immaginato da Renzi è anche «il partito degli onesti che alza l’asticella dell’etica e della moralità», per usare la defini zione di Matteo Richetti. Perché il premier dice di «non voler perdere la faccia», intendendo «camminare a testa alta». E perché, come ha fatto con il deputato siciliano Francantonio Genovese, «è pronto a votare l’arresto anche in campagna elettorale, se non c’è fumus persecutionis».

In più, sostengono nel cerchio ristretto dei renziani, «sono gli atti legislativi a dimostrare che siamo in prima linea contro la corruzione, anche se tagliamo il cordone ombelicale che in passato ha legato il partito alle Procure».

E giù ad elencare gli articoli del decreto, varato venerdì, che ha dato «poteri forti e inediti» al presidente dell’Authority anti-corruzione Raffaele Cantone. E a promettere un nuovo codice degli appalti «nei prossimi mesi», «senza le zone d’ombra delle varianti d’opera e delle deroghe».

«Una lotta senza quartiere alla corruzione, ma dentro a una cultura garantista», sintetizza il premier.

 

(fonte: Il Messaggero, Alberto Gentili, 15 giugno 2014)