Chi si ricorda di Di Vrusa, il mostro che mostro non era?

Fra le infinite boiate giudiziarie di cui il povero Salvatore Di Vrusa è rimasto vittima ne ricordo soprattutto una, di cui – ahimè – mi resi involontario protagonista. Dopo l’arresto del benzinaio, accusato di essere lo stupratore seriale di viale Strasburgo, gli investigatori tirarono fuori dal cilindro un indizio choc, una sorta di prova del nove che nelle intenzioni avrebbe dovuto mettere a tacere la – misera, invero – schiera di innocentisti. La prova delle unghie. Le unghie delle mani.Di Vrusa, sostenevano gli inquirenti, era lo stupratore seriale non solo per il quasi riconoscimento da parte delle vittime, ma perché si mangiava le unghie delle mani. Proprio così. Dopo un periodo di osservazione, uno psicologo specializzato nello studio della personalità aveva infatti sentenziato che il giovane aveva disturbi comportamentali perché si rosicchiava compulsivamente le unghie, dando così sfogo ai suoi bassi e violenti istinti sessuali.Era il 1995. Ricordo che la notizia venne data – fui io a scriverla sul mio giornale – con grande evidenza. Certo, era un pezzo condito di condizionali e di una sufficiente manciata di dubbi, ma in ogni caso insinuava nell’opinione pubblica la quasi certezza che il colpevole fosse stato finalmente trovato e arrestato. “Ah, se poi si mangia pure le unghie…”, era il commento della gente assetata di sangue e di vendetta e sempre propensa a lasciarsi suggestionare da trovate investigative da fiction. Insomma, una sorta di bollo, di sigillo finale a un’indagine coi controfiocchi.Sono passati quasi vent’anni. Di Vrusa ha trascorso 243 giorni di carcere. Malgrado il liquido seminale ritrovato sui luoghi delle violenze non fosse compatibile col suo, è stato condannato a sette anni, salvo essere assolto in appello e in cassazione. In questi giorni la sua storia è tornata alla ribalta per via della richiesta di risarcimento per l’ingiusta detenzione. I suoi avvocati hanno detto no a 40 mila euro. Ne chiedono di più. Ma esiste un prezzo per una vita sconvolta tanto ingiustamente?

(fonte: Francesco Massaro, Dipalermo.it , 10 gennaio 2011)