Cassazione: Pranzare con mafiosi non è prova di colpevolezza

La partecipazione di un imprenditore a un pranzo organizzato da un clan della criminalità organizzata, e finalizzato alla discussione di appalti nella pubblica amministrazione, non costituisce un valido indizio di colpevolezza per mettere l’operatore economico in custodia cautelare in carcere. Lo sottolinea la Cassazione – sentenza 13847 – che ha accolto il reclamo di un imprenditore di Potenza. Cesario N., contro la decisione del Ministero delle Finanze di non risarcirlo per l’ingiusta detenzione (subita dal 22 novembre al due dicenmbre 2004) nonostante le accuse a suo carico fossero state archiviate.
La misura cautelare era stata disposta dal pm di Potenza che aveva ravvisato “gravi indizi” del fatto che Cesario N. fosse anche lui un mafioso dalla circostanza che aveva partecipato “a un pranzo organizzato da un gruppo criminale per discutere dell’appalto delle pulizie di alcuni edifici pubblici locali”. L’imprenditore, inoltre, aveva incontrato alcuni esponenti del clan dopo l’interruzione del convivio da parte dei Carabinieri.
Per la Cassazione a Cesario – scarcerato dal Tribunale del riesame – spetta l’indennizzo per i giorni passati tra le sbarre in quanto aver partecipato a quel pranzo non può costituire un valido indizio di colpevolezza. Ora la Corte di Appello di Potenza dovrà rivedere il ‘nò al risarcimento.

(Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno, 15 aprile 2008)