I Gallo e l’errore giudiziario

Si chiamavano Salvatore e Paolo Gallo e, sul finire degli anni ’50, furono protagonisti di una storia incredibile che ci torna utile oggi per capire significato e prospettive della richiesta di revisione che i difensori di Silvio Berlusconi si apprestano a presentare contro la sentenza di condanna definitiva del Cavaliere per frode fiscale. I due fratelli, siciliani d’Avola, litigarono e se le dettero di santa ragione. Successivamente sul luogo dello scontro si trovarono chiazze di sangue, Salvatore un po’ ammaccato, mentre Paolo scomparve e fu introvabile. Salvatore fu arrestato per omicidio e soppressione di cadavere, condannato per la testimonianza del maresciallo dei Carabinieri che aveva stimato in circa due litri di sangue le tracce rinvenute sul luogo del litigio.

Conseguentemente i giudici ritennero certa la morte dello scomparso Paolo, che chissà dove Salvatore aveva sepolto. Passano molti anni di carcerazione e ormai a Salvatore non crede nessuno.

La Giustizia per lui ha “buttato le chiavi”. Poi un giorno Paolo ricompare nel paese, vivo e vegeto, confessando di essersi nascosto per tanti anni in odio al fratello e proprio per farlo condannare all’ergastolo, sapendolo innocente. Ecco, lì ci fu la revisione della sentenza, perché il morto era vivo e l’errore giudiziario incarnato in Paolo Gallo.

Questo celebre caso dimostra che non è affatto facile ottenere la revisione del processo. Per motivi giuridici ed ideologici. Da una parte il diritto non può ammettere che il processo duri all’infinito, ogni volta ribaltando sentenze definitive. Dall’altra la richiesta di revisione denuncia, a Magistrati, l’errore giudiziario commesso dai loro colleghi Magistrati.

E ciò naturalmente non è gradito. Se si indicano nuovi testimoni deve essere valutata la loro affidabilità, la plausibilità di quanto dichiarato, l’inconciliabilità con quanto già risulti documentalmente o da altre testimonianze, insomma la loro decisività per dare luogo ad un nuovo processo che possa ribaltare un giudizio espresso in modo definitivo. Una strada non facile per ribaltare una sentenza, quella della Cassazione del Giudice Esposito, criticata sotto il profilo giuridico anche da autorevoli giuristi notoriamente non di “area”.

Ma l’errore di diritto non può giovare al Cavaliere perché solo il “morto che è vivo” (ovvero l’errore di fatto) può demolire la sua sentenza di condanna.

 

Titta Madia

(fonte: il Tempo, 27 novembre 2013)