«Io, rovinata da quel pm: in galera perché cercavo una badante»

«Qualcuno dovevaaver calunniato Josef K., perché senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato”. Se c’è un’inchiesta, tra quelle non proprio fortunate condotte da Luigi de Magistris in Calabria, che più si avvicina all’incipit de Il processo di Franz Kafka, ebbene, quest’inchiesta è il Balkan Gate. Ventotto persone fermate su disposizione del pubblico ministero per reati che vanno dallo sfruttamento della prostituzione alla riduzione in schiavitù, dall’associazione per delinquere, al traffico di esseri umani, dalla vendita di neonati al sequestro di persona, fino alla violenza sessuale.

[…]Tra i fermati c’è anche un’insegnante di Catanzaro, Rosa Felicetti. La notte del 21 giugno 2005, una squadra di poliziotti la sveglia,  la ammanetta e la porta nel carcere di massima sicurezza di Reggio Calabria dove solitamente finiscono picciotti e capi ‘ndranghetisti. Ci resterà sei lunghissimi e orribili giorni. Ingiustamente. Al gip, al momento dell’interrogatorio di convalida, la sfortunata docente spiega, in lacrime, di aver assunto una badante e di non averla ancora regolarizzata. Altro che traffico di esseri umani, sfruttamento della prostituzione e associazione per delinquere, come ipotizzato dall’accusa. Si tratta di un reato per cui non è previsto l’arresto. Per cose del genere solitamente scatta una denuncia a piede libero. E ancor più spesso, una multa.

 

La donna, sotto choc, verrà tirata fuori di galera dal giudice, ma su tutti i giornali della città, della provincia, della regione, già campeggiano il suo nome e la sua foto. Il sottosegretario alla Giustizia, l’IdV Luigi Li Gotti definirà quella vicenda “un errore da scuola elementare”.

Insieme alla Felicetti, assistita dall’avvocato Armando Veneto, vengono scarcerate altre 14 persone: il giudice delle indagini preliminari annulla un fermo su due, in pratica. Il cinquanta per cento dell’ipotesi investigativa di de Magistris è bocciata dal giudice, almeno per quel che inizialmente riguarda i profili delle esigenze cautelari.

Che cosa era successo? La madre di Rosa era malata di Alzheimer, necessitava di assistenza. Lei chiese in giro, prese numeri di telefono, incontrò gente: come fanno tutti. Trovò la badante, una bulgara, grazie alla mediazione di un coindagato, poi assolto. Le telefonate erano intercettate, ma lei non poteva saperlo. Ci parliamo ad ‘aprile del 2013. Sono passati otto anni da allora. E Rosa Felicetti attende ancora la liquidazione della Corte d’Appello per ingiusta detenzione. Incontrarci per dare il suo contributo al libro su Luigi de Magistris non le dà sollievo. Torna con angoscia a quei giorni orribili. “Nel carcere di Reggio Calabria ho subito le più profonde mortificazioni: dalla nudità, e ciò che questo significa alla cella alle ingiurie; da dietro le sbarre ho visto la mia foto “delinquenziale” su tutti i tg.

[…] Nessuno può ridarmi la serenità che avevo prima; dal 2005 seguo terapie farmacologiche e psicoterapeutiche; in una sola parola: un grande dolore. Nel mio ambiente di lavoro ho perso di credibilità; la mia salute non mi ha consentito più di andarci. Dalla considerazione sociale sono passata al sospetto di una vita con zone oscure. Attendo le lungaggini della giustizia per avere contezza dei danni che hosubito da chi invece doveva garantirmi”.

 

(fonte: Gian Marco Chiocci e Simone Di Meo, “Pubblico Mistero”, Rubbettino, 2013)