In carcere da innocente per le false accuse dei suoi confinanti

Un avvocato civilista palermitano finisce agli arresti con l’accusa di aver segregato un lavorante di una sua proprietà. Ma è tutto falso: pura invenzione di due vicini che vorrebbero sottrargli un terreno.

SCHEDA

Fabio Tringali

Partinico (Palermo)
  • Anno
  • 2020
  • Reato
  • Riduzione in schiavitù
  • Avvocato
  • Mario Bellavista
  • Giorni di detenzione in carcere
  • 7 (carcere), 120 (arresti domiciliari)
  • Errore
  • False accuse
  • Risarcimento
  • 36 mila euro

Arrestato con l’accusa di un reato tanto grave quanto singolare, per un professionista della giustizia: riduzione in schiavitù. Costretto al carcere prima e agli arresti domiciliari poi. Infine assolto con sentenza definitiva, a riprova del fatto di essere stato vittima di un errore giudiziario e di ingiusta detenzione. È la disavventura che ha vissuto Fabio Tringali, avvocato civilista di Palermo.

Nel 2010 il legale finisce in carcere perché un cittadino indiano di 38 anni, che lavora nelle campagne di sua proprietà a Partinico, lo accusa di averlo segregato e costretto a vivere in condizioni di degrado. L’uomo racconta che dopo cinque mesi di presunta prigionia sarebbe riuscito a fuggire dalla tenuta, dove l’avvocato lo aveva rinchiuso privandolo del cellulare e dei documenti.

Fabio Tringali, difeso dai colleghi Mario Bellavista e Giovanni Rizzuti, ha sempre respinto ogni accusa. Ma non è riuscito a evitare una settimana in cella e quattro mesi agli arresti domiciliari. E il rinvio a giudizio.

A conclusione del dibattimento, l’11 dicembre 2014, la Corte d’Assise di Palermo assolve l’avvocato civilista palermitano “perché il fatto non sussiste”. I giudici hanno escluso la fondatezza delle accuse.

La procura decide di non presentare ricorso e così, una volta che la sentenza diventa definitiva, i difensori di Fabio Tringali presentano un’istanza di riparazione per ingiusta detenzione. Vogliono che il loro cliente riceva un indennizzo per il periodo trascorso indebitamente agli arresti.

E il 2 luglio 2020 la Corte d’Appello di Palermo accoglie la loro richiesta, fissando un risarcimento pari a 36 mila euro per i quattro mesi e una settimana di ingiusta detenzione subìta.

Poche settimane prima dell’ordinanza del risarcimento, vengono arrestati due uomini, padre e figlio, per estorsione, minaccia, pascolo abusivo, danneggiamento, reati aggravati dal metodo mafioso. A settembre 2020 finiscono a giudizio immediato: secondo l’accusa, sarebbero loro ad aver organizzato la denuncia dell’indiano per danneggiare l’avvocato Fabio Tringali, con cui sono in lite per una questione di confini. Non solo: il legale è proprietario di un terreno di cui i due uomini volevano a tutti i costi entrare in possesso per farci pascolare liberamente i propri animali. Dopo l’assoluzione di Tringali, padre e figlio avrebbero cominciato a perpetrare furti ai suoi danni (lamiere, cavi elettrici, tubi, motori dell’acqua), per proseguire con minacce e violenze che gli investigatori hanno avuto modo di accertare.

 

(fonti: LiveSicilia, Telejato, TeleOccidente)

Ultimo aggiornamento: 3 settembre 2020

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