La moglie: “Ha violentato i nostri figli”. Ma è solo fantasia

La donna da cui stava per separarsi lo accusa falsamente di aver abusato sessualmente dei loro due bambini di 8 e 4 anni. Ma vuole solo vendicarsi. E dovranno passare 16 anni prima che riesca a venir fuori da un incubo giudiziario.

SCHEDA

A.P.

Roma (Roma)
  • Anno
  • 2017
  • Reato
  • Violenza sessuale su minori
  • Avvocato
  • Mauro Bottoni
  • Giorni di detenzione in carcere
  • non disponibile
  • Errore
  • False accuse
  • Risarcimento
  • Richiesto

Ci sono voluti sedici anni. Sedici lunghissimi anni per recuperare l’onore perduto per colpa di un clamoroso errore giudiziario, basato su un’accusa inventata dalla moglie solo per annientarlo fisicamente e psicologicamente. Ma alla fine A.P., elettricista romano di 51 anni, ce l’ha fatta: è stato assolto con la formula più ampia dall’imputazione più terribile e infamante per un padre, aver abusato sessualmente dei propri figli. Sì, perché A.P. non è un pedofilo, ma solo uno dei tanti, troppi casi di uomini incastrati da donne senza scrupoli e in cerca di vendette.

Tutto comincia alla fine del dicembre 2001. Tre mesi prima, A.P. ha avviato le pratiche di separazione con la moglie. Il 30 dicembre la donna lo denuncia: violenza sessuale nei confronti della loro figlia, all’epoca di soli otto anni. Agli investigatori la donna racconterà, di lì a poco, di aver raccolto anche lo sfogo del figlio piccolo, di quattro anni. La vita dell’uomo, da quel momento in poi, cambierà per sempre: gli viene impedito di rivedere i suoi figli, spedisce loro telegrammi per il compleanno che diventano però motivi di attrito, gli viene ordinato di non fare gli auguri e di sparire».

L’accusa si basa sul fatto che i bambini sembrano riconoscere i luoghi dove sarebbero avvenute le violenze, un prato di Vitinia a sud ovest di Roma, e su un nastro registrato dai piccoli. Ad A.P. viene tolta la patria potestà, ma lui non smette di versare l’assegno di mantenimento, nonostante abbia momentaneamente perso il lavoro di elettricista.

Tra iscrizione nel registro degli indagati, incidente probatorio e prima udienza passarono tre anni. Il procedimento, partito nel 2006, procede tra mille intoppi e tantissime pause. Spuntano due nuovi imputati, il dibattimento viene sospeso per due anni. Riprese nel 2008, per protrarsi altri nove anni.

Venerdì 31 marzo 2017, dopo 16 anni di attesa, A.P. ottiene finalmente giustizia. Al termine di un processo di primo grado iniziato addirittura 13 anni prima, che si è protratto per 28 udienze e ha visto cambiare per ben tre volte il collegio giudicante, il Tribunale di Roma assolve con formula piena questo elettricista dall’accusa di aver violentato la figlia all’epoca minorenne.

Nel corso di tutto questo tempo, A.P. ha potuto vedere la figlia solo una volta, tredici anni prima, durante l’incidente probatorio: «Da allora non so neanche com’è diventata».

«Appena il giudice ha letto la sentenza mi sono commosso. Sono esploso in un pianto liberatorio, sono crollato psicologicamente. Quell’istante mi ha sollevato dal peso di un’eternità. Ma il dolore resta. E il pensiero è andato ai miei figli, al vuoto che mi porto dietro. Non li vedo da sedici anni. Ora vorrei ricucire il rapporto con loro. Magari arriverà anche quel momento, lo desidero molto, l’ho sempre desiderato in tutti questi anni di forzata assenza. Il dispiacere più grande in tutti questi anni, oltre al fatto di non aver più potuto vedere i miei figli? Che nessun magistrato mi abbia mai interrogato, in particolare nei primi passi dell’inchiesta».

 

(fonte: Il Messaggero, Corriere della Sera)

Ultimo aggiornamento: 6 febbraio 2017

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