Tre mesi agli arresti, ma non c’entra con la ‘ndrangheta

Un consulente del lavoro viene accusato di estorsione aggravata a favore di una cosca nel varesotto. Ma è un equivoco che potrà chiarire soltanto dopo due processi. Assolto e risarcito.

SCHEDA

Giampaolo Laudani

Milano (Milano)
  • Anno
  • 2023
  • Reato
  • Estorsione
  • Avvocato
  • Davide Steccanella
  • Giorni di detenzione
  • 90 (arresti domiciliari)
  • Errore
  • Indagini
  • Risarcimento
  • 12.500 euro

Lo hanno arrestato con l’accusa di aver favorito gli interessi duna cosca della ‘ndrangheta ben ramificata nel Varesotto. Lo hanno processato e assolto due volte, prima che la sentenza diventasse definitiva. Alla fine Giampaolo Laudani è stato anche risarcito per i quasi tre mesi di ingiusta detenzione sofferta. Ma di sicuro quella che ha vissuto è stata un’esperienza che non dimenticherà per tutta la vita.

Tutto comincia nel 2019 quando Laudani, 43 anni, consulente del lavoro, viene sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta “Krimisa” della Dda di Milano. L’indagine porta all’arresto di 34 persone da parte della Gip Alessandra Simion su richiesta del pm Alessandra Cerreti. Il capo di accusa nei suoi confronti è durissimo: avrebbe favorito la ‘ndrangheta locale, in particolare di «concorso in estorsione pluriaggravata, anche dal fine di agevolare la ‘ndrangheta». L’uomo, difeso dall’avvocato Davide Steccanella, passa al contrattacco deciso a fare di tutto per chiarire la sua totale estraneità a ogni accusa.

E così avviene. Al termine del primo processo viene assolto con la formula più ampia («per non aver commesso il fatto»). Stesso verdetto davanti ai giudici di appello di Milano. La frequentazione con personaggi della cosca era dovuta esclusivamente a un rapporto professionale che questi avevano instaurato con Laudani come amministratori di una società commerciale. Un rapporto «non ambiguo o equivoco, ma trasparente», secondo gli stessi giudici.

Non appena il pronunciamento diventa irrevocabile, nel marzo 2022, l’avvocato Steccanella presenta per conto del suo assistito un’istanza di riparazione per ingiusta detenzione. E poco più di un anno dopo, il 14 luglio 2023, la quinta sezione della Corte d’Appello di Milano accoglie la domanda, fissando in quasi 12.500 euro la somma da liquidare a Laudani. La Procura generale aveva chiesto che venisse respinta la richiesta dell’indennizzo per ingiusta detenzione, ma i giudici hanno precisato su questo punto facendo notare che Laudani aveva «da subito risposto a ogni domanda» dei magistrati, senza «alcuna reticenza» nell’inchiesta.

L’importo è stato maggiorato di circa il 30% rispetto ai minimi previsti dalla legge in considerazione – scrivono gli stessi giudici d’appello – del «pregiudizio d’immagine effetto di articoli comparsi in Rete che accostavano il suo nome a quello di vertici delle cosche» o lo accusavano «di avere “giocato per i mafiosi e padroni del settore”, senza rappresentare che si trattasse di clienti» per i quali svolgeva la sua attività di consulente. Non solo: l’entità dell’indennizzo è stata aumentata anche perché Laudani «dal pm in conferenza stampa fosse stato additato come “portatore degli interessi della cosca mafiosa”»

 

(fonti: La Repubblica, Corriere della Sera, Fanpage, Ansa, Corriere della Calabria)

Ultimo aggiornamento: 24 luglio 2023

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