Un cittadino egiziano innocente ha passato quasi due anni in carcere per un reato mai commesso. Con una serie di accuse pesantissime, a cominciare da sequestro di persona. Soltanto alla fine la verità è venuta a galla: con quell’imputazione Mohamed (nome di fantasia) – un cittadino egiziano di 24 anni – non aveva assolutamente nulla a che fare. È stato assolto con formula piena e in maniera definitiva. E lo Stato è stato costretto a risarcirlo per la ingiusta detenzione causata da un errore giudiziario nei suoi confronti.
Mohamed, cittadino egiziano innocente, era stato arrestato nel maggio del 2021. Gli inquirenti erano convinti che fosse tra i responsabili – con quattro suoi connazionali – di un’aggressione a colpi di bastoni e catene nei confronti di un uomo, che avevano poi sequestrato. I reati ipotizzati nei suoi confronti: rapina, sequestro di persona, lesioni, tentata estorsione e porto di una mazza di ferro.
Nel marzo 2023 l’egiziano innocente è stato assolto in appello, dopo che in primo grado era stato condannato a 6 anni e 6 mesi (gli altri imputati a pene fino a 7 anni). Per Mohamed e gli altri le formule d assoluzione sono state le più ampie, da “il fatto non sussiste” a “non ha commesso il fatto”.
La sentenza è divenuta definitiva e i suoi legali – gli avvocati Marco Romagnoli e Debora Piazza – hanno presentato un’istanza di riparazione per ingiusta detenzione. Che è stata accolta soltanto pochi giorni fa, il 9 novembre 2024. La quinta sezione penale della Corte d’Appello di Milano ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha versare nei confronti di Mohamed, cittadino egiziano innocente, un indennizzo da oltre 157mila euro per i quasi due anni di ingiusta detenzione sofferti.
Gli altri suoi connazionali arrestati e assolti con lui attendono ancora l’esito delle loro richieste di risarcimento.
Nello spiegare il loro provvedimento con cui hanno disposto il risarcimento, i giudici della quinta sezione penale della Corte d’Appello di Milano precisano che «neppure l’essersi avvalso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio dopo l’arresto può essere elevato a pregiudizio per il riconoscimento di quanto richiesto» dal giovane, ossia la “riparazione” delle sofferenze causate da 669 giorni in carcere, ossia 1 anno e 10 mesi.
(Fonte: Ansa, La Stampa, Il Giorno)
Ultimo aggiornamento: 10 novembre 2024