Armando Pozzi Tar Toscana

“Una volta magistrato, ti cacciano solo se commetti il più nefando dei delitti”

Qualche giorno fa il presidente del Tar della Toscana, Armando Pozzi, ha inaugurato l’anno giudiziario amministrativo. I dati forniti in quell’occasione si sono rivelati lusinghieri: la giustizia amministrativa in Toscana è diventata più veloce e più economica. Ma prima dell’evento il giudice Pozzi, che a settembre di quest’anno andrà in pensione, ha preso parte a una conferenza stampa durante la quale ha fatto alcune dichiarazioni interessanti (raccolte dal sito “Firenze Today”) sulla magistratura in generale, spingendosi anche oltre il suo ambito, cioè quello della giurisdizione amministrativa.

“Voglio lanciare un messaggio accorato e affettuoso, perché questo istituto ha dato tanto a me e al Paese: per dare di più, occorre che venga riformato”, ha esordito. “Occorre un sistema premiale, non si può andare avanti in questa carriera solo per anzianità. Il nostro sistema di progressione e di nomine a uffici direttivi, richiede un sistema di accertamenti di meriti e capacità che oggi manca. Un giudice che vede il 95% delle proprie sentenze annullate, per esempio, non è un buon magistrato, e pertanto non può essere premiato”.

E ancora: “Una volta entrati in magistratura, per essere cacciati devi commettere il più nefando dei delitti, e forse neanche allora ti cacciano”, ha aggiunto il giudice Pozzi.

Sentire ragionamenti di questo tenore da un alto magistrato di lungo corso e riconosciuta competenza, deve far riflettere. Ricapitoliamo: il giudice Pozzi non solo sostiene l’esigenza di una riforma della magistratura, ma anche la necessità di superare l’attuale meccanismo che prevede l’avanzamento di carriera automatico, a prescindere dagli effettivi meriti e dalle reali capacità delle toghe. Il presidente del Tar della Toscana lamenta l’assenza di un sistema che sappia accertare l’effettiva validità dei giudici, in modo da premiarli quando necessario, ma anche punirli quando sbagliano. Cosa che oggi, con l’attuale sistema di responsabilità civile, non accade praticamente mai.

È un segnale da non sottovalutare, perché dimostra come non tutti i giudici siano allineati all’orientamento dettato dall’Associazione nazionale magistrati, secondo cui certi problemi quasi non esistono (e se esistono, non rappresentano una priorità).

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