“Io, non risarcito perché mi sono avvalso della facoltà di non rispondere”

Lo abbiamo scritto e detto tante volte: i casi di ingiusta detenzione che ogni anno si verificano in Italia sono molti di più di quelli che risultano dai dati ufficiali. Le statistiche raccontano infatti soltanto di coloro che hanno ottenuto un risarcimento (sotto forma di indennizzo) per i giorni trascorsi in custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari. Ma nulla dicono di coloro che, pur avendo dovuto scontare la stessa misura cautelare, al momento di presentare la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, se la sono vista respingere e hanno visto il proprio risarcimento negato. Quanti sono questi innocenti riconosciuti tali da alcuni giudici, ma meno tali da altri che hanno ritenuto di non accogliere l’istanza per l’indennizzo? A essere prudenti un terzo del totale delle domande presentate, ma se vogliamo essere più realistici, almeno la metà. I motivi alla base di questo risarcimento negato sono previsti dal codice di procedura penale all’art.314, che esclude il risarcimento per chi ha causato o contribuito a causare la propria detenzione con dolo o colpa grave. Ora: a parte la singolarità dell’ipotesi che qualcuno, dolosamente, possa causare la propria carcerazione, nella fattispecie della colpa grave vengono fatte rientrare sempre più spesso situazioni che tutto sono fuorché una colpa. L’esempio più tipico? Il fatto di essersi avvalsi della facoltà di non rispondere. Com’è accaduto a Damiano Soccio, che proprio per un risarcimento negato, ha scritto una lettera aperta al Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. L’ha pubblicata la Gazzetta del Mezzogiorno e vale la pena riproporla integralmente.

Illustrissimo signor Ministro Alfonso Bonafede, sono Soccio Damiano, le porto a conoscenza il mio caso giudiziario. Accusato di duplice omicidio insieme a ignoti che tali resteranno, condannato in 1° grado all’ergastolo io solo dalla Corte di Assise presso il Tribunale di Foggia, assolto in 2° grado per non aver commesso il fatto dalla Corte di Appello di Bari, che ha ribaltato completamente l’impianto indiziario contro di me, sentenza di assoluzione confermata dalla Suprema Corte, divenuta quindi definitiva e irrevocabile. Intanto mi sono fatto 6 anni di ingiusta carcerazione.

Damiano Soccio facoltà di non rispondere
Damiano Soccio

La Corte di Appello della riparazione di Bari rigetta la mia istanza di risarcimento, per essermi avvalso, con colpa grave (sic!), della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia davanti al GIP. Preciso che nell’immediatezza del fatto sono stato convocato nella Caserma dei Carabinieri di S.Giovanni Rotondo (Foggia), dove sono stato interrogato dal Maresciallo di servizio e a cui ho risposto, riferendo i miei movimenti della mattina dell’omicidio. Il relativo verbale è stato trasmesso agli atti del processo e il GIP ne doveva essere a conoscenza.

Avvalermi della facoltà di non rispondere è stata una scelta del mio avvocato, in quanto il primo indizio contro di me era lo stub positivo che è stato trovato sui miei indumenti e trattandosi di materia tecnico-scientifica non avrei potuto portare nulla a me favorevole.

La Corte della riparazione è stata irremovibile senza considerare che io non mi ero sottratto all’interrogatorio davanti ad un altro organo inquirente (i Carabinieri).

Alla fine di tutto, signor Ministro, resta il dato inoppugnabile: mi sono fatto da innocente 6 lunghi anni di carcerazione con grandi sofferenze mie e della mia famiglia e lo Stato (di cui la Magistratura è un organo) mi nega il sacrosanto diritto ad essere risarcito dei danni patiti ingiustamente, solo perché mi sono avvalso della facoltà di non rispondere.

Sono stato vittima di un errore giudiziario, lo Stato avrebbe dovuto chiedermi scusa riabilitando il mio onore e concedermi senza battere ciglio il giusto risarcimento. Invece: ecco il benservito! Una magistratura mi assolve, un’altra mi nega un diritto sacrosanto. Il risarcimento per ingiusta detenzione, comunque patita, va concesso senza se e senza ma e non ci devono essere appigli di legge per negarla.

Signor Ministro, è tempo di eliminare tale stortura. Questo, tramite il Parlamento, lo può fare.

Damiano Soccio

 

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