Tre giorni in carcere, un anno ai domiciliari: innocente

Tre giorni in carcere, un anno ai domiciliari. Un occhio pesto e Lui ematoma al costato rilevati al momento dell’arresto, avvenuto la sera del 10 settembre del 2011 nei seminterrati dell’ospedale «Fallacara» di Triggiano (Bari) con l`accusa di spaccio di cocaina, detenzione di coltelli, resistenza e lesioni ai Carabinieri. Accuse pesantissime quelle mosse all’idraulico dell’ospedale, un 53enne incensurato, in una vicenda inquietante. A partire dall`esito del processo in cui giovedì il giudice Chiara Civitano – nonostante la Procura avesse chiesto 6 anni – ha assolto l’uomo perché il fatto non sussiste ed ha mandato le carte alla Procura stessa affinché veri?chi le eventuali responsabilita dei militari: oltre al pestaggio, certificato dal medico del carcere, oltre alla droga che lì non ci doveva essere, il sospetto è che la storia nasconda ben altro.

 

L’operaio – Emanuele M., barese – non era solo nel locale caldaie in cui aveva il suo banco da lavoro con gli attrezzi ma anche la doccia e una brandina. Con lui, trovato seminudo, c’era una donna che scompare dal verbale di arresto ma riappare qualche giorno dopo nella caserma dei Carabinieri di Triggiano, dove firma una dichiarazione in cui conferma in tutto e per tutto la versione dei militari: l`idraulico aveva un involucro contenente dosi di cocaina, e al momento dell`irruzione aveva tentato (invano) di buttarla in un tombino.

 

Ma in udienza la signora nega tutto e mette a verbale una storia diversa: «Loro mi hanno detto: “Devi dire così sennò noi scendiamo giù, perché mio marito era giù, e noi diciamo a tuo marito che tu stavi insieme nella stanza”. lo in quel momento mi sono fatta prendere dal panico e ho detto quello che hanno detto loro».

 

I Carabinieri ascoltati durante il dibattimento hanno mantenuto la loro versione: hanno bussato alla porta, l’uomo non apriva, allora hanno sfondato unñnestrino, sono entrati e l’hanno sorpreso mentre tentava di disfarsi della cocaina. Ma i racconti fatti davanti al giudice, inspiegabilmente, non coincidono. Uno dice di aver visto (attraverso un finestrino in pvc) l`operaio che preparava le confezioni di coca. L`altro racconta di non aver voluto far menzione della presenza della signora (“Non volevo metterla in difficoltà con il marito…”). Il terzo, invece, nega che la donna fosse mai stata lì. Troppe contraddizioni per un arresto “strano” su cui – in attesa delle motivazioni della sentenza – dovrà essere la Procura di Bari a fare piena luce.

 

Intanto Emanuele M. è tornato in libertà: ora la Asl dovrà riammetterlo in servizio pagandogli gli stipendi arretrati. «E a questo punto – dice il suo avvocato, Sergio Ruggiero – chiederemo anche i danni per l’ingiusta detenzione».

 

(fonte: M.S., La Gazzetta del Mezzogiorno, 13 ottobre 2012)