Strage Alcamo: Giovanni Mandalà assolto a 15 anni dalla morte

La Corte d’Appello di Catania, al termine del processo di revisione sulla strage della casermetta di Alcamo Marina, ha assolto Giovanni Mandalà, condannato 33 anni fa all’ergastolo per l’omicidio dei due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta la sera del 27 gennaio 1976, e morto in cella nel 1998. Questa sentenza scrive dunque la parola “fine” in una delle vicende giudiziarie più oscure e controverse degli ultimi 40 anni. Per quella strage vennero condannati anche Giuseppe Gulotta, Giuseppe Ferrantelli e Gaetano Santangelo, la cui condanna è stata già oggetto di revisione con assoluzione due anni fa, da parte della Corte di Appello di Reggio Calabria.

Nei confronti di Mandalà, sempre condannato nei due gradi di merito, oltre alla chiamata in correità di Giuseppe Vesco, ritenuta illegale dalla sentenza di revisione Gulotta, perchè estorta dai carabinieri, vi era anche una macchia di sangue sulla giacca, appartenente allo stesso gruppo sanguigno di una delle vittime. La difesa di Mandalà, rappresentata dai legali Baldassarre Lauria e Pardo Cellini, è riuscita a dimostrare la frode processuale dei carabinieri, riportando alla luce un verbale del 6 febbraio 1976 dei mlitari di Alcamo, tenuto nascosto al processo di merito, in cui si fa riferimento al possesso da parte dei carabinieri del sangue delle vittime, prelevato dai rispettivi cadaveri.

Giuseppe Gulotta, rimasto in carcere 22 anni ed oggi presente al momento della lettura della sentenza, ha già avviato la procedura per il risarcimento danni contro l’Arma dei Carabinieri, chiedendo un risarcimento di 69 milioni di euro.

 

La sentenza d’assoluzione nei confronti di Giovanni Mandalà nel processo di revisione per la strage di Alcamo Marina “è una sentenza storica”. Così, con ancora la voce rotta dall’emozione, l’avvocato Baldassarre Lauria ha commentato a TMNews la decisione della Corte d’Appello di Catania, che oggi ha scritto la parola “fine” nella travagliata vicenda giudiziaria iniziata quasi 40 anni fa, dopo la strage della casermetta in cui furono uccisi i due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta.

Insieme al collega Pardo Cellini, Lauria si è battuto fino all’ultimo per vedere riconosciuta l’estraneità ai fatti dell’ultimo imputato per quell’eccidio, Giovanni Mandalà, morto in cella da innocente nel 1998. “Non ci sono precedenti nella storia processuale italiana – ha detto Lauria. E’ un’assoluzione che purtroppo arriva dopo 16 anni dalla morte dell’imputato, al termine di un iter processuale in cui è stata accertata per la prima volta la frode dei carabinieri. Siamo riusciti a dimostrare la falsità di una prova schiacciante, che fino ad oggi aveva determinato la condanna dell’imputato. Abbiamo dimostrato la contaminazione volontaria del reperto”.

 

Ad inchiodare Mandalà, infatti, era stata una traccia di sangue appartenente ad una delle due vittime, e ritrovata sulla sua giacca. Prova che però fu realizzata ad arte per incastrare l’imputato. “Questa sentenza restituisce dignità alla famiglia di Mandalà – ha proseguito Lauria -, che ha convissuto in questi decenni con il marchio di un assassino in casa. Abbiamo chiesto alla Corte di avere coraggio nella relazione della sentenza, perché è inammissibile e inconcepibile che questo manipolo di uomini sia stato capace di compiere tutto questo”.

Lauria, impegnato con il Progetto Innocenti, un’organizzazione civile che si batte per il riconoscimento dell’innocenza dei detenuti vittime di errori giudiziari, che tra le altre cose si sta occupando della revisione del processo per il massacro di Ponticelli, ha quindi concluso: “La decisione della Corte d’Appello di Catania deve restituire fiducia in quanti sono vittime di errori giudiziari. Che non si arrendano mai. Perché è la testimonianza concreta del fatto che prima o poi la giustizia vince sempre”.

 

(fonte: TMNews, 17 febbraio 2014)