Più attenzione su ingiusta detenzione ed errori giudiziari

«Il tema degli errori giudiziari e della sua riparazione è sempre più attuale. Attualmente gli art.314 e 315 del codice di procedura penale prevedono la riparazione per ingiusta detenzione , articoli di legge non retroattivi quindi applicabili solo a sentenze di assoluzioni post ottobre 1989. Le corti d’appello di competenza sono preposte a stabilire se e quanto risarcire. E’ inutile dire che le maglie sono sempre strette. Ma il problema vero è che nessun risarcimento può riparare l’ingiusta detenzione». Lo sottolinea in una nota Giulio Petrilli, responsabile provinciale Pd del dipartimento diritti e garanzie.

«A proposito di questo – prosegue Petrilli – sono rimasto colpito in positivo dalle parole della ministra Maria Stella Gelmini che nel corso della trasmissione di ieri a Ballarò, analizzando e criticando il manifesto di Lassini, che equiparava alcuni magistrati alle Br, rimarcava però come l’equilibrio psicologico di una persona ,che era stata arrestata per due mesi e poi assolta, poteva essere stato colpito in modo forte e poteva anche generare un astio e reazioni fuori le righe. Queste parole devo dire che la ministra le ha dette in modo sincero e non strumentale e io che difficilmente ho condiviso sue scelte, devo dire che questa volta mi trovo d’accordo con lei. Quando al conduttore Floris che chiedeva l’intervento dello psicologo per Lassini lei ha ribadito che poteva averne bisogno, perché anche 52 giorni in carcere da innocente potevano provocare traumi, diceva una cosa vera. Io parlo con cognizione di causa dell’argomento in quanto avendo scontato 2081 giorni di carcere per poi essere stato assolto (e non ho avuto un euro di risarcimento perché assolto prima del 1989), so cosa sono le conseguenze psicologiche».

«La mia riflessione – conclude Petrilli – è quella che sull’ingiusta detenzione e sugli errori giudiziari, bisognerebbe avere maggiore attenzione, che spesso questo può significare un non riprendersi più per una persona. E’ un trauma molto forte che crea ferite profonde».

(fonte: Il Capoluogo d’Abruzzo, 20 aprile 2011)