Ottaviano Del Turco: vorrei vivere altri 5 anni per riabilitare il mio onore

Il giorno dopo è quello delle dichiarazioni ragionate. E l’ex governatore dell’Abruzzo, Ottaviano Del Turco, non sembra aver scelto casualmente di attendere la lettura della sentenza di primo grado prima di rendere di dominio pubblico la sua malattia: “Ho un tumore. Voglio vivere per provare la mia innocenza”. Una grave forma di leucemia scoperta tre mesi fa che, visti i tempi della giustizia italiana (il processo appena concluso è durato 5 anni), si augura non gli precluda di poter far emergere la sua verità in appello sulle presunte tangenti nella sanità abruzzese.

 

Ieri l’ex sindacalista della Cgil si è recato a Roma dal noto ematologo Franco Mandelli, per “chiedere di darmi 5 anni di vita per riabilitare il mio onore e la giunta della Regione che ho guidato”. Qualche avvisaglia sul precario stato di salute poteva intuirsi anche dall’ultimo post scritto da Del Turco, il 19 luglio scorso, sul profilo Facebook: “Il professor Mandelli ha parlato oggi di passi avanti importanti nella cura di forme particolari di leucemia. È un successo della nostra scienza e dei nostri studiosi. Adesso tocca allo Stato, alla politica dimostrare con i fatti che questo successo è proprio di tutti, e non solo di scienziati che fanno, ogni giorno, il loro prezioso dovere”.

 

Anche lunedì, a caldo, Del Turco, condannato a 9 anni e mezzo di reclusione per corruzione, associazione a delinquere e falso, era stato molto duro sulla sentenza, parlando di “condanna senza prove”, di logica inquisitoria e di “commistione tra i magistrati” nel sistema giudiziario italiano. “Io trattato come Enzo Tortora”, aveva più volte ripetuto dal giardino della sua casa a Collelongo (L’Aquila), ricordando come il conduttore tv fosse stato ingiustamente accusato unicamente sulle dichiarazioni di un mafioso.

 

Pure Del Turco, in realtà, ha principalmente un solo grande accusatore, il re delle cliniche private Vincenzo Angelini. Il “tesoro” di tangenti che l’imprenditore abruzzese dice di aver dato all’ex governatore, infatti, non è mai stato trovato, ma contro di lui ci sono 5 testimoni. Un particolare, quello dell’assenza di tracce certe dei passaggi di denaro, sottolineato anche dal suo legale. Si condanna “un protagonista morale della vita istituzionale del nostro Paese – dice perciò l’avvocato Giandomenico Caiazza – tacciato di aver incassato sei milioni e 250 mila euro a titolo di corruzione dei quali non si è visto un solo euro”.

 

Il giorno dopo la sentenza Sanitopoli, il paragone con Tortora torna in quasi tutti i commenti. A fare quadrato sono soprattutto i parlamentari ex Psi che parlano di “condanna difficile da comprendere”, di “sentenza esemplare” solo per chi è socialista, di “errore giudiziario simile a quello di Tortora”. Va giù pesante pure l’ex sindacalista Giuliano Cazzola che sottolinea il “vile silenzio di Pd, Cgil ed Epifani”, che deve a Del Turco “gran parte della sua carriera”. Molto duro, infine, il commento della presidente della Fondazione dedicata al conduttore tv. La condanna “è la conferma – sostiene Francesca Scopelliti – che a trent’anni dall’arresto di Tortora nulla è cambiato nel sistema penale”.

 

(fonte: Alessia Guerrieri, Avvenire, 24 luglio 2013)