Io, assolto dopo 3 anni in cella: la mia vita distrutta dai giudici

Mi chiamo Felice Italiano, sono nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 14 ottobre 1946. Sono emigrato in Canada all’età di 18 anni con la famosa valigia di cartone in una terra che mi ha accolto, ospitato e dato la possibilità di lavorare. Ho svolto un lavoro faticoso e duro che comunque mi ha permesso di costruirmi oltre che una famiglia – ho una moglie e tre figli, 5 nipotini – una solida posizione economica. Ho messo su un’azienda con la quale esportavo pelli di bestiame, in particolar modo in Italia e in altre parti del mondo.

 

Il 22 ottobre 2007, mentre mi trovavo in Italia, per visitare la fiera di Bologna del settore delle pelli ed ero ospite a Roma all’hotel delle Nazioni, alle 3 del mattino arrivano quattro agenti della Dia e mi notificano un mandato d’arresto per associazione di stampo mafioso. Mi esimo dal raccontarle i particolari perché lei certamente se non l’ha seguita sulla stampa dell’epoca avrà la possibilità di venirne a conoscenza dando uno sguardo ai giornali italiani di quelle settimane.

Comincia in quei giorni il mio calvario, mi aspettano processi, tre anni e quattro mesi di carcere, le risparmio il racconto delle mie vicissitudini carcerarie, quelle dei miei familiari, di mia madre che muore senza che io possa partecipare neanche ai funerali, di dolori immensi e di fatti inenarrabili. Avevo un’azienda che fatturava diciassette milioni di dollari, è andata in malora, sono rimasto senza niente, senza azienda, rendendo la vita impossibile anche ai miei familiari, i quali erano costretti a venire ogni mese dal Canada per potermi fare la visita mensile in carcere.

Le risparmio il racconto dei processi farsa che ho subito in questi anni. Sono stato condannato in primo grado, confermata la condanna in secondo grado, ho fatto ricorso in Cassazione la quale ha rimandato tutto indietro ordinando di rifare il processo. Il processo è stato fatto il 4 ottobre 2013, dove sono stato assolto perché il fatto non sussiste, con sentenza passata in giudicato.

 

Direttore, con questa assoluzione si conclude il mio calvario, ho perso la mamma, ho perso l’azienda, alla mia famiglia ho fatto passare momenti terribili e sacrifici inenarrabili, non le elenco i miei traumi personali dei tre anni e quattro mesi trascorsi in cella di alta sicurezza nelle patrie galere italiane. Spero che presto si riformi la giustizia e in futuro non debbano più verificarsi talune «porcherie» che sono successe in questi anni e che, soprattutto, chiunque sbagli, anche se magistrato, possa pagare.

 

Io sto preparando tutta la documentazione necessaria per avere il risarcimento sia per la ingiusta detenzione, sia per i danni economici e morali che ho ricevuto, so che purtroppo non pagheranno quei magistrati che hanno commesso gli errori giudiziari ma purtroppo, quando sarò risarcito, a pagare saranno i cittadini italiani. Questo mi dispiace, e spero che in un futuro le leggi italiane possano essere cambiate in«chi sbaglia paga».

 

Io sono in Canada, sto cercando di costruirmi una vita, continuo ad amare il mio Paese nonostante tutto, ma spero che qualcuno abbia la forza, l’occasione per poter riformare la giustizia italiana perché ci sia la libertà di vivere in un Paese civile e non sotto la dittatura della magistratura.

 

(fonte: Il Giornale, 30 marzo 2014)