Il film inedito di Luttazzi sugli errori della giustizia

“Nel 1978 Lelio ed io dovemmo lasciare la casa romana sopra Prima Porta. C’ era il trasloco da fare. Andai anche in una stalla dove vidi una scatola di latta rotonda con dentro una pellicola…”. Rossana è la donna che per 36 anni ha diviso la vita con Lelio Luttazzi. Il 30 ottobre al Festival del cinema di Roma (e la stessa sera in tv su Rai5) mostrerà un film inedito, scritto, diretto e interpretato da suo marito, musicista, showman, presentatore, sinonimo di garbo e eleganza, di ozio contemplativo, lui e Mina, la tv in bianco e nero…

 

Si intitola L’ illazione , film di dialoghi e di atmosfere, a tratti onirico; ma raccontò anche se stesso, dentro c’ è anche tutta la sua incredibile carambola giudiziaria legata a Walter Chiari (su cui Rossana preferisce sorvolare ma una cosa la dice, «dopo, si guardò bene dal chiamare Lelio»), l’ accusa di droga che nel 1970 portò Luttazzi per 27 giorni in carcere, il tragico errore che «gli è rimasto attaccato per tutta la vita, gliel’ ha rovinata». Quattro mesi dopo la scarcerazione scrisse: «Comunque vada a finire questa fetida storia, uno come me non avrà più voglia di sorridere. Mai più… Io non ho paura della morte, ma della vita».

 

Il film è del ‘ 72; restaurato da L’ immagine ritrovata di Bologna, racconta di un gruppo di persone, tra cui un giudice, che si riunisce in una casa di campagna. E attraverso chiacchiere informali, davanti a un bicchiere di vino, il giudice imbastisce un processo kafkiano contro un medico, che da vittima di denunce anonime si ritrova dall’ altra parte, sul banco degli «indiziati». Luttazzi, che si fece crescere la barba («ero ridicolo»), nel film si toglie più di un sassolino rivolgendosi con sarcasmo al magistrato: «Voi presumete di conoscere la verità, noi viviamo in un dubbio perenne, come Socrate, un brindisi alla cicuta!». E l’ altro: «Lei è un artista, il nostro mestiere lo lasci fare a noi, siamo abituati a sentire tutte le campane. Il popolo ha bisogno di essere tutelato da una giustizia energica, severa, dura se serve». Luttazzi: «Tutti coloro che hanno responsabilità sociali andrebbero psicoanalizzati prima di venire immessi nella psicoanalisi. Certe tendenze negative, che fanno parte di ciascuno di noi, sadismo, volontà di potenza, narcisismo, esibizionismo, quando sono presenti in misura esuberanti ci spingono a scegliere professioni dove possiamo meglio soddisfarci rimanendo al coperto». Il giudice: «Perché dovrei psicoanalizzarmi io e lei no». Luttazzi: «Io non ho il potere di mandare in galera la gente».

 

Un pamphlet che rimanda al suo «caso», nato da un’ intercettazione telefonica a uno spacciatore. Signora Rossana, oggi potrebbe prestarsi a strumentalizzazioni politiche? «Spero e mi auguro di no. Si tratta di… un’ illazione». Quando trovò quella scatola di latta, Lelio le rispose in modo sbrigativo, infastidito: «È una cosa di anni fa, un film contro un giudice, la Rai non lo mandò in onda, non dette importanza alla cosa». Poi alzò la voce, non gli succedeva mai: «Sai cosa mi ricorda, non lo voglio vedere». Rossana non ne parlò più. Ma portò la pellicola via con sé, nella nuova casa. L’ 8 luglio 2010 Luttazzi muore, «è volato via», dice lei. Aggiunge: «Per lo sciopero dei giornali, il 9 la notizia andò solo sul web». Le sbarre, l’ innocenza che non viene messa a fuoco. «Ho fatto 7 cause, 6 le ho vinte…». Luttazzi con le querele vinte si comprò la barca, la chiamò Oblomov, come l’ eroe indolente del romanzo di Goncarov, preso a suo modello. Rossana, come spiega lo strafalcione mediatico che pigramente rimbalza negli anni? «Ancora non l’ hanno capito, eppure ci furono diversi articoli sul Corriere che chiarirono tutto; Lelio andò in tv ovunque, Biagi, Costanzo, Ferrara, a dire come erano andate le cose».

 

In cella, il triestino che amava Svevo e Louis Armstrong, scrisse il libro Operazione Montecristo , che a Sordi ispirò “Detenuto in attesa di giudizio” . Negli ultimi anni Luttazzi, l’ uomo col fiore all’ occhiello della giacca, andò ospite dagli amici Fazio e Fiorello ma non aveva nostalgia della tv, odiava i reality. Rossana, che conobbe Lelio a una festa di una sua mondanissima collega cronista a Momento Sera , ha creato la Fondazione Luttazzi: «L’ unico modo per continuare a occuparmi di lui».

 

(Fonte: Valerio Cappelli, Corriere della Sera, 8 ottobre 2011)