Enrico Costa

Enrico Costa: “I giudici sbagliano, gli innocenti soffrono, lo Stato paga”

Enrico Costa  è tra i pochissimi politici italiani molto sensibili sul tema degli innocenti in carcere. Già da viceministro della Giustizia con il governo Renzi si era battuto perché si facesse qualcosa di concreto per arginare gli errori giudiziari e i casi di ingiusta detenzione in Italia, sollevando l’antico e delicatissimo tema della responsabilità civile dei magistrati.

Qualche giorno fa, Enrico Costa è stato impegnato in un duello televisivo a “Porta a Porta” con il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Piercamillo Davigo, che ha sostenuto più volte come gli errori giudiziari non esistano o comunque siano fisiologici, ma soprattutto come i giudici che sbagliano siano pochissimi. In questa intervista, Costa snocciola numeri che noi di Errorigiudiziari.com conosciamo bene perché li raccogliamo anno dopo anno, fin dal primo giorno: le statistiche ufficiali sui casi di errori giudiziari e ingiuste detenzioni. Quei numeri che dovrebbero far rabbrividire (25 mila innocenti finiti in carcere senza colpa e per questo risarciti dallo Stato, dal 1992 a oggi; poco meno di 700 milioni di euro versati a titolo di indennizzi e risarcimenti negli ultimi 25 anni) e che invece continuano a essere sottovalutati, trascurati, se non in certi casi dimenticati. Ma va anche oltre, il ministro Enrico Costa: formula idee e proposte concrete per arginare il problema. Dimostrando che qualcosa, anzi moltissimo si potrebbe e dovrebbe fare.

 

È una pagina a righe, manoscritta. La bella grafia ingiallita dallo scorrere degli anni. Enrico Costa, avvocato e ministro degli Affari Regionali e della Famiglia (viceministro della Giustizia nel passato governo Renzi), la tiene come memorandum sopra la scrivania del suo studio a Cuneo.

Si legge: «… ciò che mi indigna, a parte la stregonesca, medievale iniquità del rito, è questa Giustizia in ferie come una rivendita di gelati, e questa spazzatura umana (tale è la considerazione del cittadino per certi giudici) lasciata a fermentare, nei bidoni di ferro delle carceri: piene di disperati, di non interrogati, di sventurati, e di, come me, innocenti… Fate qualcosa, ve ne prego ».

Firmato: Enzo Tortora, 30 agosto 1983.

 

Enrico Costa, Tortora spedì questa lettera a suo padre Raffaele, anch’egli all’epoca uomo di governo e politico del Partito Liberale italiano. Perché quell’appello disperato e inascoltato continua a investire tanti innocenti in galera e tutti noi? Cos’è stato fatto in 34 anni per correggere quella che lei chiama la “giustizia ingiusta?”.

«Di recente, affrontando questo tema con un alto magistrato, mi sono sentito dire che gli errori della giustizia sono un “fatto fisiologico” ad essa stessa connaturato, e pertanto “fatti inevitabili”. Le può bastare per inquadrare il fenomeno?».

 

No, ma sarebbe interessante sentire lei. Cosa ne dice?

«Che il nostro sistema giustizia è al contrario affetto da una patologia gravissima, che all’interno del processo sono contenute criticità fortissime, le quali non possono essere tenute nascoste o restare inascoltate, dato che è della nostra libertà, ossia della civiltà giuridica di uno Stato che stiamo parlando. E io su questo sistema malato, intendo accendere un faro. Voglio arrivare a capirne le cause, le responsabilità e le possibili soluzioni».

 

Esempi ministro, faccia degli esempi.

«I numeri. Partiamo da quelli, che sonopaurosi.Oltre 42 milioni di euro pagati soltanto nel 2016 per risarcire un migliaio di casi tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari».

 

Cosa s’intende, scusi, per “ingiusta detenzione” e cosa per “errore giudiziario?”.

«L’ingiusta detenzione riguarda quei cittadini che subiscono il carcere preventivo (la custodia cautelare) durante la fase delle indagini preliminari e che poi vengono liberati dagli appositi Tribunali perché l’arresto non andava fatto, oppure prosciolti senza arrivare nemmeno a processo. L’errore giudiziario invece coinvolge il soggetto incriminato e poi riconosciuto innocente con una sentenza di revisione del processo che lo aveva portato alla condanna, ingiustamente. Soltanto nel 2016questi cittadini, sommati, sono stati circa un migliaio. Tanti, troppi per considerare tutto questo un fatto “fisiologico”. E non è finita».

 

Cos’altro c’è?

«Dall’anno di Mani Pulite (il ’92) quando sono state fatte le prime liquidazioni a oggi, le persone private della libertà personale e poi indennizzate dallo Stato per ingiusta detenzione sono state 25 mila. E la spesa complessiva, per il contribuente (ovvio), è arrivata a 648 milioni di euro.E se a questi sommiamo le vittime degli errori giudiziari arriviamo addirittura a 700 milioni. Immagini di vedere uno stadio di calcio (coi posti esauriti) che ha chiesto e ottenuto l’indennizzo. E aggiungo: fuori dallo stadio ci sono anche gli altri, che sono un’infinità…».

 

Chi?

«Coloro che per una serie di ragioni non hanno fatto o non possono fare richiesta di revisione pur considerandosi innocenti».

 

Eppure il presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) PiercamilloDavigo, recentemente a dibattito con lei a Porta a Porta, ha sostenuto che non esistono gli innocenti ma soltanto gli assolti da sentenze di condanna pronunciate da giudici che in precedenza sono stati ingannati. Da chi ha fatto le indagini, dai testimoni eccetera.

«Mi fa rabbrividire che non possa definirsi innocente una persona riconosciuta tale (ripeto “innocente”) da una sentenza di assoluzione pronunciata dagli stessi magistrati giudicanti, perché questo svilisce non soltanto l’innocente riconosciuto tale, ma anche il lavoro di chi lo ha assolto. Mi domando se questi magistrati, se questi giudici, si sentano rappresentati da queste parole di Davigo. Vorrei conoscere anche il parere di quei giudici (tanti) abituati a svolgere il proprio lavoro silenziosamente, senza clamore e a decidere con tanto scrupolo della libertà di un soggetto. E al presidente dell’Anm andrebbe chiesto molto altro».

 

Cosa vorrebbe domandare Enrico Costa a Davigo?

«Per quale motivo proprio il suo sindacato, con tutti gli aderenti, si oppone a qualsiasi iniziativa che possa vagliare (valutare) provvedimenti disciplinari nei confronti dei membri stessi? Perché opporsi se si è convinti della legittimità del proprio operato? C’è una enorme disomogenità sul territorio italiano nei cosiddetti arresti sbagliati, e il fenomeno andrebbe studiato. Esempio: la Corte d’Appello di Bologna conta 28 casi, Torino 23. Taranto 4. Trento 2. Milano 46. Lecce 59».

 

Tante ingiuste detenzioni. Ritiene che in Italia la custodia cautelare sia applicata in modo rigoroso?

«Il sistema giustizia registra un enorme deficit: la certezza della pena. In Italia, in pratica, questa non esiste.E tutto ciò viene ingiustamente colmato con l’abuso del carcere preventivo perché, si sa, la prigione fa notizia, esercita pressioni sull’indagato (non dimentichiamo il tintinnare delle manette di Tangentopoli) e questo abusare, inevitabilmente, genera i numeri che abbiamo riportato. Almeno mille all’anno ingiustamente arrestati. E in totale 700 milioni sborsati dallo Stato e dal contribuente in 25 anni».

 

Gli indennizzi sono stati riconosciuti, almeno.

«Respingo la tesi che siccome la somma è stata riconosciuta, si è ristabilita la giustizia. L’indennizzo non è nulla rispetto alle sofferenze patite da un innocente che ha subito il carcere (anche un solo giorno) o un processo ingiustamente. Pensiamo al trauma delle famiglie. Senza contare che il sospetto, per chi è finito dietro le sbarre seppur per errore, è lo spettro destinato a restare».

 

E il tempo? Per quanto – in media  una  persona, vittima di un errore delle toghe deve aspettare per vedere riparato il danno?

«Almeno 10 anni prima che il fatto venga accertato e l’indennizzo riconosciuto. Liquidato. E ripetiamolo: a pagare è lo Stato. Soltanto lo Stato».

 

I tempi del processo?

«Vanno ridotti. Il 60 per cento delle prescrizioni si determina in fase di indagini preliminari. Senza che un potenziale innocente possa essere dichiarato tale. L’eccessiva durata del processo a carico di imputati o indagati detenuti, aumenta in modo intollerabile la sofferenza di chi, ad onta della presunzione di innocenza, è costretto ad aspettare, dimenticato e da recluso, un verdetto che ne accerti le responsabilità. E che troppo spesso fa seguire alla carcerazione un’assoluzione».

 

I magistrati “colpevoli” invece? Pagano?

«La responsabilità disciplinare dei magistrati, di fronte a questi macroscopici errori, non scatta mai. Infatti, a differenza di quanto previsto dalla Legge Pinto, il provvedimento di indennizzo non viene trasmesso al titolare dell’azione disciplinare per le valutazioni di competenza. Per gli errori commessi finora ha pagato solo lo Stato (non finirò di ripeterlo); il magistrato che sbaglia non ne risponde. Sto lavorando su questo. E la Camera ha dato voto unanime alla norma, inserita nel Ddl sul Processo Penale, che prevede una relazione annuale al Parlamento che contenga i dati relativi alle sentenze di riparazione per ingiusta detenzione (con specificate le ragioni di accoglimento e dell’entità delle riparazioni) e al numero di procedimenti disciplinari iniziati nei confronti di magistrati per le ingiuste detenzioni accertate».

 

Non è poco.

«È qualcosa, ma non basta. Finché assisteremo anche a un solo caso di carcerazione ingiusta, illegittima o ingiustificata».

 

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, è sensibile al tema?

«Non soltanto ha mostrato sensibilità, anzi. Il Guardasigilli sta anche lavorando sul sistema carcere, sulla necessità di accorciare le distanze fra l’indagato e il magistrato inquirente o giudicante, e sull’importanza di abbattere il muro che spesso si crea fra i soggetti coinvolti. L’obiettivo, apprezzabile, del ministro è dare un’anima al processo. Impedendo, come spesso accade, di dimenticare (subito dopo la formalità dell’interrogatorio di garanzia) il perseguito in cella. In quei bidoni di ferro di cui ha scritto Enzo Tortora.

 

(fonte: Libero, 5 febbraio 2017)

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