Danilo Coppola assolto dopo due anni di carcere: "Il fatto non sussiste"

«Il fatto non sussiste», scrive nella sentenza la Corte d’Appello di Roma. E assolve con «formula piena» l’immobiliarista Danilo Coppola. L’ex «furbetto del quartierino» (con Stefano Ricucci) delle intercettazioni telefoniche che hanno acceso i riflettori sul discusso protagonista delle scalate Antonveneta-Bnl, si prende la sua amara rivincita a 46 anni, di cui 2 vissuti in carcere, con una condanna in primo grado a 6 anni sulle spalle.
«Il mio arresto – commenta Coppola – come ho sempre detto, è stato creato ad arte ed in molti oggi si dovrebbero per questo vergognare».

 

Un fiume di accuse legate al crac della società Micop e a un buco di 130 milioni di euro, finisce nel nulla: bancarotta fraudolenta, associazione per delinquere, appropriazione indebita e falso ideologico.
Romano ma di famiglia siciliana, era il ventunesimo uomo più ricco d’Italia quando fu arrestato il 10 marzo 2007, con grande clamore. Adesso arriva la sconfessione dell’impianto accusatorio costruito contro di lui dai pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Maria Sabelli, che firmarono allora il mandato di cattura. E che si tratti di un ex segretario dell’Anm e dell’attuale presidente del «sindacato» delle toghe fa un certo effetto.

Quel periodo in prigione ha provocato «centinaia di milioni di danni al gruppo Coppola», accusano i suoi. Questo, senza contare i danni umani. I due anni di custodia cautelare, in parte anche in ospedale e ai domiciliari, sono stati segnati da atti di autolesionismo, attacchi di panico, tentativi di suicidio, crisi cardiache e anche da colpi di scena tipici della sua vita spericolata, come l’evasione-lampo durante un ricovero per farsi intervistare in tv e protestare contro il trattamento subito.
Ora, la sentenza di secondo grado impone la restituzione delle partecipazioni azionarie dell’imprenditore messe sotto sequestro, compresa la quota del 2 per cento di azioni della banca intermobiliare di investimenti e gestioni (Bim).

 

Che sarebbe finita così lo si poteva capire già a dicembre, quando la Cassazione ha accolto il ricorso della Micop e ha decretato la nullità della sentenza di fallimento. Per i legali dell’imprenditore quel provvedimento della Suprema corte probabilmente ha pesato molto sulla decisione dei giudici d’Appello, anche se per esserne certi bisognerà attendere il deposito delle motivazioni della sentenza.

La stessa assoluzione di Coppola arriva per la commercialista Daniela Candeloro, ex addetta alla contabilità, che era stata condannata dal tribunale nel febbraio 2009 a 4 anni, oltre ad una serie di pene accessorie.
Nel primo processo per il presunto crac Micop già altri 6 imputati erano stati completamente assolti.

 

Alla fine del 2010, il tribunale di Roma aveva disposto il dissequestro di 818.199 azioni Mediobanca (0,1 per cento del capitale), di 4.550.000 azioni ordinarie A.S. Roma (3,4 per cento), di 3.853.360 azioni Ipi (5 per cento) e del 29,9 per cento del capitale della Hotel Cicerone srl, oltre a beni personali riconducibili a Coppola per un valore complessivo di 40 milioni. Undici mesi più tardi il tribunale del Riesame ha dissequestrato anche alcune auto di lusso dell’immobiliarista.

Ma qualcosa rimane ancora sospeso perché, rispetto al filone principale dell’inchiesta che portò in carcere Coppola, il manager è a giudizio con altri per il reato d’associazione per delinquere. «Quel processo però deve ancora cominciare», spiega uno dei difensori.

 

(Anna Maria Greco, il Giornale, 8 maggio 2013)