molestie telefoniche

Condannata per molestie telefoniche. Ma era morta tre anni prima di poter commettere il reato

Ci sono casi in cui l’errore giudiziario sfiora il comico. E se non fosse per il fatto che in vicende come questa c’è di mezzo una persona defunta, ci sarebbe davvero da ridere. In realtà, a leggere come ha funzionato la macchina della giustizia in occasione di questo episodio accaduto in provincia di Chieti, c’è da mettersi le mani nei capelli. Già, perché per un caso di molestie telefoniche si è incorsi in un clamoroso abbaglio.

Tutto comincia nell’estate dello scorso anno. Una donna di Casalbordino, un piccolo comune in provincia di Chieti, presenta un esposto alla Procura della Repubblica di Vasto. Nel documento fa presente che da circa un mese, in particolare dall’11 luglio, è oggetto di telefonate perscutorie da parte di un uomo. Secondo l’esposto, la voce maschile la contatta sul cellulare che le hanno appena regalato i familiari, da un numero privato. Come si legge nell’esposto, “prima restava in silenzio per breve durata, poi più a lungo, alla fine ha cominciato a offendere”. Insulti, minacce, improperi di ogni tipo.

Partono le indagini. Vengono acquisiti i tabulati e subito dopo finiscono sotto accusa due donne di Napoli. E qui già dovrebbe saltare agli occhi un primo elemento singolare: com’è possibile, se la voce protagonista delle molestie telefoniche appartiene a un uomo?

Ma non è tutto. L’inchiesta procede a tutta velocità e giunge alle conclusioni: le due imputate vengono condannate per molestie telefoniche: in particolare, “per avere recato e molestia e disturbo a… , col mezzo del telefono, per petulanza e comunque per altro biasimevole motivo, importunandola con chiamate ed sms». Il 16 aprile 2016, su richiesta del pubblico ministero, viene emesso un decreto penale di condanna che infligge a ciascuna delle imputate un’ammenda di 150 euro.

È al momento della notifica della sentenza che salta fuori l’errore grossolano: la magistratura si rende conto che ha inquisito e condannato una donna morta. Una delle imputate, infatti, è scomparsa il 19 giugno 2012. Tre anni prima che il reato fosse commesso. Per lei, va da sé, reato archiviato.

 

(fonte: Il Messaggero)

Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2016

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