Ambrogio Crespi: "200 giorni in cella per colpa di un matto"

Ha trascorso 200 giorni in carcere, Ambrogio Crespi, 65 dei quali in isolamento. L’accusa? Aver procacciato 2500 voti in ambienti ’ndranghetisti milanesi per farli confluire sull’assessore lombardo Domenico Zambetti. L’inchiesta è quella che nell’ottobre del 2012 ha «terremotato» la Regione Lombardia. Ma a tirare in mezzo Ambrogio Crespi, fratello di Luigi, ex sondaggista di Berlusconi, è Eugenio Costantino, un millantatore reo confesso e compulsivo che ora una perizia psichiatrica descrive come affetto da «disturbi istrionici e narcisistici«. Un uomo instabile, dunque, capace d’inventarsi di tutto, anche di avere ottime conoscenze fra i malavitosi calabresi trapiantati a Milano. E di farlo solo perché, come disse in un interrogatorio, «è il mio modo d’essere». Un «modo d’essere» a cui i magistrati hanno però prestato più di un orecchio e che è costato a Crespi sette mesi di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.

 

Crespi, forse è l’inizio della fine di un «incubo giudiziario»?

«Lo spero. La perizia psichiatrica del Tribunale dovrebbe fare finalmente chiarezza. Spero che i magistrati prendano atto degli errori commessi. L’8 maggio dovrebbe iniziare il processo. Vedremo cosa accadrà».

 

Il suo accusatore, già dopo il suo arresto, aveva confessato di essere un millantatore. Eppure nulla cambiava.

«Ho sempre detto di non conoscere né Zambetti né Costantino. Le mie presunte colpe si basano su un’intercettazione ambientale in cui Costantino afferma che io, controllando interi condomini milanesi, avrei procurato a Zambetti 2500 voti. Questo è del tutto falso. E Costantino lo disse subito che millantava. Non conosco i risvolti complessi di questa indagine, ma io ho detto e ridetto che non avevo nulla a che fare con questa vicenda. Eppure sono rimasto in carcere per sette mesi».

 

Le accuse dei magistrati, dunque, fanno acqua?

«Si basano sulle parole di Costantino, cioè sulle parole di un uomo giudicato instabile. Tutte le altre accuse sono state smontate dai miei avvocati già durante la detenzione».

 

Anche Zambetti, intercettato in carcere, la scagiona?

«Esatto. Afferma che non gli ho portato neanche un voto. Ma non solo, dice anche di non avermi mai conosciuto, com’è stato poi riscontrato. Io Zambetti l’ho conosciuto in carcere, se proprio dobbiamo dirla tutta».

 

Roberto D’Alimonte, studioso di flussi elettorali, ha “provato” che nelle zone che lei controllerebbe, Zambetti non ha avuto nessuno exploit elettorale.

«Zambetti ha preso meno voti proprio nelle sezioni sospette. Io sono cresciuto nel quartiere Baggio di Milano. Ma sa quante preferenze ha avuto Zambetti lì? Nove».

 

Sette mesi in carcere. Sarebbe dovuto uscire molto prima.

«Ho chiesto tre volte di essere scarcerato e per tre volte il Tribunal della Libertà di Milano mi ha detto di no. Anche in Cassazione è stata respinta la mia richiesta di scarcerazione. Mi ha colpito vedere nei filmati e nelle interviste, quando sono tornato in libertà, i miei due avvocati, Giuseppe Rossodivita e Marcello Elia, con le lacrime agli occhi dopo la decisione di farmi rimanere in galera.

 

Francesco Storace le aveva proposto la candidatura in parlamento.

«Quella richiesta, fatta pubblicamente da Storace, mi scaldò il cuore e mi diede molto coraggio. Ho rifiutato perché volevo uscire dal carcere senza nessun escamotage. Sono stato arrestato da normale cittadino e ho voluto essere liberato da normale cittadino».

 

Pensa di essere stata vittima di accanimento giudiziario?

«No, non lo credo, e spero di non dover annoverare il mio caso in quello di malagiustizia. Siamo ancora in tempo. Ho persino giustificato l’errore del mio arresto. Quello che faccio fatica a giustificare è il tempo che ancora corre in attesa di dichiararmi estraneo a questa vicenda».

 

Duecento giorni di carcere non sono già malagiustizia?

«Il carcere preventivo è un atto barbarico. Stare dentro da innocente è terribile. Adesso capisco perché le persone innocenti si ammalano, perché il carcere da innocente è insopportabile. Hai paura non di morire ma di vivere. Là dentro o ti ammali o ti uccidi».

 

(fonte: Luca Rocca, il Tempo, 2 aprile 2014)